GLI AUTORESPIRATORI AD ARIA ITALIANI NEGLI ANNI ’40 E ‘50

Maurizio Baldinucci

 

Se si chiede ai subacquei non più giovani quale sia stato il primo autorespiratore ad aria disponibile in Italia la maggior parte di loro risponderá:”il Mistral naturalmente!”. Pochi altri tra quelli più informati potranno rispondere l’Explorer o forse il Tricheco, entrambi prodotti dalla Pirelli ma soltanto pochissimi, tra quelli più anziani e già attivi come sub dopo la metà degli anni ’50, potrebbero essere a conoscenza che il primo autorespiratore ad aria moderno commercializzato in Italia, a partire dal 1954, è stato l’”Acquasub” della Salvas di Roma (vedi Figura 1 e Figura 2).

 

fig. 1 fig. 2

 

In realtà, negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale ci furono alcune applicazioni speciali di apparecchi per l’immersione ad aria compressa che, oltre a non raggiungere mai volumi di produzione significativi, non ebbero alcuna promozione di tipo commerciale. Se ne trova traccia soltanto in alcune vecchie pubblicazioni e libri e soprattutto perché l’impiego di questi apparecchi restò associato ad alcuni eventi particolarmente importanti verificatisi in quello specifico periodo storico. Di questi apparecchi purtroppo non resta alcuna testimonianza fisica in quanto non ci risulta che esistano ancora esemplari conservati nei musei o posseduti dai vari collezionisti di attrezzature per l’immersione.
Cercheremo quindi di descriverli al meglio sulla base della scarsa documentazione disponibile.
Uno di questi modelli, denominato “Micro” è citato nell’edizione del 1954 del libro “La Chasse Sous-Marine” del Dottor Gilbert Doukan (vedi Figura 3 e Figura 4).
Non avendo mai avuto notizie di questo apparecchio, del quale nel libro non si cita nemmeno il produttore, abbiamo cercato di capire se esistessero tracce o qualche tipo di documentazione tali da fornirci altre informazioni utili. Poi ci siamo ricordati che, in un nostro articolo precedente sugli autorespiratori ad ossigeno (A.R.O.) Italiani, veniva citato uno strano apparecchio (vedi Figura 5) prodotto ancora dalla Salvas e impiegato dal Principe Francesco Alliata di Villafranca, uno dei primi pionieri italiani dell’immersione subacquea, nonché produttore cinematografico negli anni ’40 e ’50, durante le riprese subacquee del film “Vulcano” del regista William Dieterle con protagonisti Anna Magnani, Geraldine Brooks e Rossano Brazzi, girato nel 1949 tra la Sicilia e le isole Eolie (vedi Figura 6).

 

fig.  3 fig. 4
fig. 5 fig. 6

 

Questo apparecchio, che poteva essere impiegato indifferentemente in configurazione SCUBA o con alimentazione dalla superficie (Narghilè) , è descritto nei suoi elementi principali nella Figura 7.

 

fig. 7

 

Nel film, oltre ad essere impiegato in modalità Narghilè (vedi Figura 8) da Alliata, il quale indossava occhialini e mollette stringinaso, come nella figura del libro prima citato, durante tutte le riprese sottomarine, fu anche usato, stavolta in modalità SCUBA ed indossando una maschera subacquea completa (vedi Figura 9), da uno dei due protagonisti del combattimento subacqueo mostrato nel film.

 

fig. 8 fig. 9

 

L’evoluzione di questo autorespiratore, dal modello impiegato durante le riprese del film “Vulcano” a quello raffigurato nel libro “La Chasse Sous-Marine”, sembrerebbe essere costituita dalla sostituzione del polmone a soffietto in gomma con una scatola di erogazione simile a quella impiegata nei primi autorespiratori a doppio tubo in quel periodo.
Questo apparecchio non era certo stato progettato e prodotto dalla Salvas appositamente per le riprese del film “Vulcano” ma era uno degli strumenti concepiti negli anni dell’immediato dopoguerra soprattutto per i  lavori in basso fondale, necessari per lo sminamento e la rimozione dei relitti nelle zone portuali. Si notò che l’impiego di apparecchi come questo, o degli autorespiratori ad ossigeno (A.R.O.) quando la profondità massima di lavoro lo consentiva, era molto più veloce ed economico di quello dei tradizionali “palombari”.
Un apparecchio simile di cui abbiamo trovato pochissime tracce è l’autorespiratore modello C. F. 69 prodotto dalla Cressi a partire dal 1947 (vedi Figura 10 e Figura 11).

 

fig. 10 fig. 11

 

La Cressi derivò questo autorespiratore ad aria impiegando i componenti più importanti del modello ad ossigeno AR47 (sacco polmone, imbragature, bombole, tubo corrugato tra sacco e boccaglio, maschera granfacciale). I componenti specificamente  progettati per questa applicazione furono la rubinetteria della bombola, che consentiva il collegamento con il tubo dell’aria proveniente dalla superficie, la piastra di collegamento tra sacco polmone e tubo corrugato, che non contemplava l’impiego del filtro della calce sodata, e lo speciale boccaglio che integrava sul lato destro del sub anche il corto tubo per lo scarico dell’aria espirata e le necessarie valvole unidirezionali. In questo caso, così come accadeva per il predecessore del “Micro”, il sacco polmone manteneva la sola funzione di equilibrare la pressione dell’aria inspirata dal subacqueo con quella dell’ambiente esterno. L’altro compito che il sacco polmone aveva quando impiegato negli A.R.O., e cioè quello di contenere un volume minimo di ossigeno per la respirazione, da depurare costantemente e ripristinare ciclicamente sulla base del solo consumo metabolico dell’organismo, in questo caso non era più necessario.
Finito il periodo dei lavori portuali e di sminamento delle coste, la produzione di questi apparecchi ebbe una fase di arresto a causa del crollo della domanda tradizionale e della completa assenza di un mercato di utenti di tipo sportivo-ricreativo. Anche qualche anno più tardi, quando comparvero i primi autorespiratori ad aria tipo Cousteau-Gagnan, questi apparecchi con sacco polmone di tipo ventrale non furono mai competitivi rispetto a questi ultimi, soprattutto per la loro scarsissima autonomia quando impiegati in modalità SCUBA. L’applicazione di bombole ventrali di capacità molto superiore, che sarebbe stata necessaria per aumentare drasticamente l’autonomia dell’autorespiratore, poneva limitazioni non facilmente compatibili con la semplicità di impiego dell’apparecchio e con un efficace assetto subacqueo.
Pertanto, anche se virtualmente gli apparecchi prima descritti furono di fatto i primi autorespiratori ad aria comparsi in Italia, il primo modello che ebbe una vera fase di produzione di serie e di commercializzazione verso un pubblico di subacquei sportivi fu l’Acquasub della Salvas. La storia di questo erogatore è poco conosciuta ma è affascinante perché associata ad eventi importanti e significativi agli albori della subacquea in Italia, nonché alle principali imprese di alcuni grandi pionieri del nostro paese.
In particolare, il personaggio che tenne a battesimo questo apparecchio e che ne seguì tutti gli sviluppi, dalla fase prototipale fino all’uscita di produzione, fu Raimondo Bucher, grande pioniere della subacquea italiana ed il cui nome è rimasto associato a numerose imprese che lo videro protagonista dal periodo immediatamente precedente alla Seconda Guerra Mondiale fino a tutti gli anni ‘60. Per chi non conoscesse ancora il famoso “comandanteBucher, ecco qui una breve sintesi della sua vita. Nato in Ungheria da padre italiano e madre austriaca il 15 Marzo 1912, entrò nella Regia Aeronautica a partire dal 1932 come ufficiale pilota partecipando alla Seconda Guerra Mondiale e congedandosi infine con il grado di Tenente Colonnello, dopo trent’anni di servizio. Iniziò la sua carriera di subacqueo come cacciatore apneista e presto si distinse a livello assoluto vincendo due titoli italiani nel 1951 e nel 1952 e diventando recordman di immersione in apnea con -30 metri nel 1950 e poi con -39 metri nel 1952. E proprio tra la fine del 1952 e l’estate del 1953 partecipò, come capo del gruppo sportivo, alla famosa Spedizione Nazionale Italiana in Mar Rosso organizzata da Bruno Vailati nell’arcipelago delle Dahlak in Eritrea e dalla quale fu tratto Sesto Continente, il primo lungometraggio subacqueo a colori con regia di Folco Quilici (vedi Figura 12 e Figura 13).  Fu anche tra i pionieri della fotografia subacquea inventando, sperimentando, costruendo custodie e scafandrature di ogni tipo. Si racconta abbia per primo introdotto in Italia l’uso dell’o-ring nella costruzione delle scafandrature subacquee, avendone visto l’impiego nei carrelli d’atterraggio di alcuni caccia americani della seconda guerra mondiale.
Conclusasi l’esperienza agonistica a metà degli anni ’50, si dedicò ad innumerevoli imprese tra le quali ricordiamo la scoperta e l’esplorazione della città sommersa di Baia, l’esplorazione del tratto sotterraneo del fiume Bussento, nonché di alcune grotte sommerse a Capri e della grotta del Bue Marino in Sardegna. Fu poi protagonista della raccolta del corallo in Sardegna per gran parte degli anni ’60 e ’70. Ha continuato ad immergersi anche dopo i novant’anni facendo sempre sentire la sua voce a difesa del mare contro la speculazione edilizia, l’inquinamento e la pesca indiscriminata. E’ morto a Roma il 9 Settembre 2008.
Ricordiamo che l’autorespiratore ad aria moderno era stato inventato dal Comandante Jacques Y. Cousteau e dall’Ingegner Emile Gagnan nel 1943 (vedi Figura 14 e Figura 15) ma non apparve sul mercato prima del 1946 quando il gruppo francese Air Liquide, per il quale lavoravano sia l’ing. Gagnan che il suocero di Cousteau, quest’ultimo come membro del Consiglio di Amministrazione, fondò La Spirotechnique.
L’autorespiratore, chiamato CG-45 dalle iniziali degli inventori e dall’anno di deposito del brevetto, era costituito da un doppio stadio di riduzione della pressione, integrato in un corpo metallico delle dimensioni di una sveglia meccanica, da due tubi corrugati separati per il flusso di inspirazione e per quello di espirazione e da un boccaglio a “T”.
L’apparecchio comprendeva anche le bombole ad alta pressione (con volumi e quantità variabili a seconda dell’autonomia richiesta), le tubazioni e la rubinetteria di collegamento all’erogatore vero e proprio ed infine l’imbragatura per poter essere indossato dal subacqueo (vedi Figura 16 e Figura 17).
Purtroppo, nonostante gli sforzi e gli investimenti fatti dall’azienda francese per aumentare le vendite di questo apparecchio, le richieste del solo mercato nazionale erano modeste anche perché all’epoca la pratica dell’immersione subacquea con autorespiratori era pressoché sconosciuta al grande pubblico. La maggior parte delle richieste venivano dai settori militare e professionale i quali però non bastavano certo a soddisfare le ambizioni commerciali dell’azienda francese e dello stesso Cousteau che ne era il Presidente.


 

fig. 12 fig. 13
fig. 14 fig. 15

 

Si trattava quindi di espandere la vendita di queste attrezzature anche al di fuori dei confini nazionali e soprattutto di creare un mercato di tipo sportivo-ricreativo che ancora non esisteva al mondo. I pochi sub sportivi di allora erano fondamentalmente cacciatori subacquei ed occorreva quindi presentare il nuovo apparecchio come strumento che poteva migliorare drasticamente le loro prestazioni venatorie, grazie alla maggiore autonomia di immersione che veniva garantita.

 

fig. 16 fig, 17

 

Ma occorreva soprattutto trovare un mezzo efficace di comunicazione che poteva mostrare le grandi potenzialità del nuovo apparecchio e giungere a milioni di potenziali clienti in tutto il mondo. E la soluzione si presentò proprio grazie al cinema e alla televisione che in quegli anni stavano iniziando a diffondersi come principali mezzi di comunicazione di massa.
Questa fu l’esperienza vincente realizzata nel mercato Nordamericano con la costituzione di una rete di vendita e distribuzione molto potente (la U.S. Divers) e con le incredibili ricadute pubblicitarie offerte dal cinema e dalla televisione che si stavano sempre più interessando al nuovo sport.
Cosa stava succedendo in Italia negli stessi anni? Naturalmente la comparsa sui principali mercati internazionali di questo nuovo apparecchio non era passata inosservata da parte delle pochissime aziende già presenti nel mercato delle attrezzature subacquee le quali, nei primissimi anni ’50, erano di fatto soltanto Pirelli, Cressi e Salvas. Ma a parte Cressi che fin dall’inizio si era dedicata al mercato sportivo ed in particolare a quello dei cacciatori subacquei, la Pirelli e la Salvas stavano cercando di trovare faticosamente uno sbocco commerciale sostenibile visto che il loro principale mercato era stato, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quello militare. Venute a mancare gran parte delle commesse militari nel dopoguerra, le due aziende prima citate dovevano in qualche modo riconvertirsi e trovare uno sbocco commerciale diverso rispetto a quello tradizionale.
La Cressi, già nel 1947 aveva fatto la sua scelta: per l’azienda genovese autorespiratore significava A.R.O. ovvero autorespiratore ad ossigeno, sulla scia delle esperienze maturate dagli operatori dei Siluri a Lenta Corsa (meglio noti come Maiali) e degli Uomini Gamma. Queste esperienze e conoscenze avrebbero permesso all’azienda di sviluppare apparecchi ad ossigeno rivolti in maniera specifica ai subacquei sportivi e alla didattica (i modelli AR47 e 57B). La stessa scelta fu fatta inizialmente anche dalla Pirelli, la quale presentò analoghi apparecchi per l’immersione ricreativa (i modelli Poseidon e Polifemo).
L’unica azienda che decise di tentare la sorte e proporre il nuovo autorespiratore ad aria fu proprio la Salvas che nel 1952, approfittando proprio dell’imminente Spedizione Nazionale Italiana in Mar Rosso in via di organizzazione, si offrì come fornitore unico di apparecchiature subacquee, sperando di trarre notevoli ritorni di immagine e pubblicitari che sarebbero certo seguiti a quell’impresa. I presupposti c’erano tutti visto che, già in fase di preparazione, l’iniziativa stava richiamando l’attenzione di numerosi canali di informazione e dei principali media. Nello stesso periodo la Salvas era già entrata in contatto con La Spirotechnique per una eventuale produzione su licenza dell’autorespiratore Cousteau-Gagnan, ma stava anche sperimentando alcuni apparecchi di propria invenzione. La prima apparizione ufficiale dell’autorespiratore ad aria Salvas, anche se in forma ancora prototipale, avvenne nell’estate del 1952 quando tutto il gruppo dei partecipanti alla spedizione si riunì nell’isola di Ponza per mettere a punto programmi e apparecchiature. In quell’occasione ci fu la possibilità di provare i vari prototipi messi a punto dalla Salvas, inclusi gli accessori ad essi collegati. Nelle Figura 18 e nella Figura 19 possiamo notare due diverse configurazioni prototipali impiegate da Bucher proprio durante l’esperienza di Ponza.

 

fig. 18 fig. 19

 

Nella Figura 18, che mostra Bucher accanto a Folco Quilici, equipaggiato con il fedele A.R.O., apparecchio che non abbandonerà mai durante tutte le riprese subacquee di Sesto Continente, il corpo dell’erogatore non comprende il meccanismo di scarico dell’aria, come nell’apparecchio Cousteau-Gagnan. Nel prototipo Salvas questo è invece costituito da un corrugato con all’estremità una valvola a becco d’anatra fissata lateralmente alle fasce metalliche delle bombole e orientata verso il basso. Le due bombole di piccolo volume (riteniamo di 2 litri l’una) hanno le rubinetterie in basso e una tubazione rigida che le collega al corpo dell’erogatore. La scelta di bombole così piccole rispetto alle normali taglie che siamo soliti vedere con gli autorespiratori ad aria non deve stupire più di tanto. Siamo ancora nel 1952 ed in Italia non esistevano ancora aziende che producevano bombole per gas compressi di volume adeguato ai nuovi autorespiratori. Le prime bombole di maggior volume (10, 12 e 15 litri) sarebbero arrivate non prima della metà degli anni ’50 ad opera della Dalmine (vedi Figura 20 e Figura 21). Le bombole da 2 litri erano invece disponibili in quanto normale dotazione degli A.R.O. militari che la Salvas aveva iniziato a costruire e commercializzare già dall’immediato dopoguerra e che di fatto erano le stesse impiegate nei sistemi di respirazione assistita ad ossigeno degli aerei militari.

 

fig. 20 fig. 21

 

Nella configurazione di Figura 19 lo schema dell’apparecchio è leggermente diverso con l’asse del corpo dell’erogatore orientato verso l’alto e la valvola a becco d’anatra diretta verso la parte posteriore del sub. Qui si vede anche il famoso boccaglio Salvas con pulsante di commutazione tra la modalità “immersione” e la modalità “superficie”, con lo snorkel integrato direttamente nel boccaglio. Questa soluzione, nelle intenzioni della Salvas, avrebbe dovuto costituire un forte elemento di attrazione per il cliente di riferimento di questo apparecchio che, ricordiamo, era il cacciatore subacqueo. Lo speciale boccaglio avrebbe dovuto facilitare la fase di ricerca della preda, che poteva avvenire nuotando in superficie e respirando direttamente dallo snorkel, risparmiando così aria preziosa. Lo speciale boccaglio impediva poi all’acqua di penetrare all’interno dei tubi corrugati eliminando così la necessità di indesiderate e complicate manovre di spurgo. Una volta individuata la preda, si poteva posizionare il pulsante in modalità “immersione” ed avere l’autorespiratore perfettamente pronto per la discesa. La prima variante di questo speciale boccaglio aveva i manicotti di collegamento dei tubi corrugati orientati in avanti di circa 45°, come si vede nella Figura 19. Nella configurazione prototipale usata a Ponza lo snorkel era costituito da un pezzo di tubo corrugato che poi si raccordava con un altro pezzo di tubo rigido.
Tra le varie iniziative intraprese per attirare l’attenzione dei media e l’interesse del pubblico sulla imminente partenza della Spedizione Nazionale Italiana in Mar Rosso, va senz’altro ricordato il tentativo di record di immersione in apnea a -39 metri che Raimondo Bucher portò a termine con successo nelle acque dell’isola di Capri il 2 Novembre 1952.
La spedizione partì ufficialmente da Napoli il 26 Dicembre 1952 con la piccola motonave “Formica” di sole 130 tonnellate e si concluse, sempre a Napoli, il 24 Giugno 1953. Durante le numerose immersioni effettuate nel corso della spedizione, a seconda degli obiettivi e della profondità, il gruppo dei subacquei alternava l’impiego degli autorespiratori ad aria Acquasub con gli A.R.O. Salvas o semplicemente del solo equipaggiamento da apnea (vedi Figura 22 e Figura 23). Nella Figura 22 vediamo Bucher poco prima di una di queste immersioni con autorespiratore Salvas, macchina fotografica Rolleiflex con scafandro e flash a lampadine di sua invenzione. Dopo l’esperienza estiva a Ponza, anche a seguito delle prove comparative tra i vari prototipi Salvas e il Cousteau-Gagnan, la Salvas si decise per la costruzione su licenza La Spirotechnique. Nacque così l’”Acquasub” e la Salvas cominciò anche a occuparsi della fase di commercializzazione dell’apparecchio. Il primo volantino pubblicitario dell’autorespiratore Acquasub è mostrato nella Figura 24 e nella Figura 25.

 

fig. 22 fig. 23
fig. 24 fig. 25

 

Riteniamo che il volantino sia datato 1954 , anno di avvio della produzione dell’autorespiratore. Come si può notare dalla Figura 25, nell’immagine dell’autorespiratore è ancora mancante quella che sarebbe stata la traghetta definitiva dell’apparecchio indicante sia il nome commerciale dell’autorespiratore che il logo della Salvas (vedi Figura 26). In Figura 24 si può notare il boccaglio speciale ancora nella prima versione con i tubi orientati in avanti e la bombola, che era disponibile soltanto con volume di 5 litri e con pressione massima di carica di 150 bar.
Una caratteristica specifica dell’Acquasub era quella dei tubi corrugati che avevano lunghezza maggiore rispetto a quelli normalmente impiegati nel modello CG-45 standard. Pensiamo che questa esigenza era dovuta allo speciale orientamento a 45° in avanti che avevano gli attacchi della prima variante del boccaglio con snorkel integrato. Non esistendo tali corrugati nella produzione di quel periodo, la Salvas li ricavò giuntando e vulcanizzando due corrugati di minore lunghezza. Questa connessione si può facilmente osservare a metà di ogni singolo corrugato (vedi Figura 1).
Lo speciale boccaglio sarebbe poi stato modificato dalla Salvas eliminando l’orientamento in avanti come mostrato in Figura 27 e in Figura 28.

 

fig. 26 fig. 27
fig. 28 fig. 29

 

Come si può notare nella Figura 28, la Salvas volle proporre l’autorespiratore anche in versione con maschera granfacciale. L’azienda riteneva che tale soluzione avrebbe potuto essere appetibile per quei potenziali clienti che già impiegavano l’autorespiratore ad ossigeno con questo tipo di accessorio, ritenuto indispensabile durante le operazioni in acque inquinate o come misura di sicurezza in caso di perdita di conoscenza da parte dell’operatore. A tal proposito la maschera granfacciale faceva già parte della produzione dell’azienda romana in quanto impiegata nell’autorespiratore A.R.O. (modello Universal) destinato al mercato militare (vedi Figura 29).
Per poter essere accoppiato alla maschera granfacciale Salvas tramite un’apposita fascetta, la parte centrale del boccaglio rivolta verso il sub veniva dotata di una specie di anello che era saldobrasato al corpo del boccaglio. Questo era realizzato in ottone marino ed infine cromato.
Un’altra grande occasione di lancio pubblicitario del nuovo autorespiratore ad aria Acquasub la si deve al film “Il Tesoro di Rommel” del regista Romolo Marcellini (vedi Figura 30) uscito nelle sale cinematografiche italiane il 22 Dicembre 1955. Questo film, che vide come principali protagonisti gli attori Dawn Addams, Isa Miranda, Paul Hubschmid, Bruce Cabot e Andrea Checchi, poteva contare sulla consulenza per le riprese subacquee del grande Hans Hass il quale chiamò, come principali controfigure durante le scene subacquee, oltre a Raimondo Bucher anche Silverio Zecca, fresco reduce della spedizione in Mar Rosso. In questo film la Salvas fornì ancora tutte le attrezzature subacquee in esclusiva, così come era accaduto con Sesto Continente. Purtroppo però il film non ebbe grande successo e quindi i ritorni pubblicitari di questa operazione furono modesti.

 

fig. 30

 

Alcune delle scene del film nelle quali si può notare l’autorespiratore Acquasub sono mostrate nella Figura 31 e nella Figura 32.

 

fig. 31 fig. 32

 

L’ingresso sul mercato di questo nuovo autorespiratore, ufficialmente in produzione dal 1954, non lasciò indifferente il grande concorrente italiano della Salvas e cioè la Pirelli la quale già nell’anno successivo, il 1955, presentò il proprio autorespiratore ad aria denominato “Tricheco” (vedi Figura 33 e Figura 34).

 

fig. 33 fig. 34

 

A differenza della Salvas che, nonostante qualche tentativo di sviluppare un modello di propria invenzione, alla fine aveva optato per la formula di produzione su licenza del Cousteau-Gagnan, la Pirelli preferì una soluzione completamente italiana. Il Tricheco infatti era stato ideato, progettato e brevettato da Roberto Galeazzi, nome ben noto soprattutto nel settore delle attrezzature per le immersioni commerciali e per le attività di recupero di relitti affondati. Come si può notare anche questo autorespiratore veniva proposto con la maschera granfacciale, all’epoca ritenuta uno standard prevalentemente per le applicazioni professionali.
Occorrerà poi attendere fino al 1958 per vedere altri tentativi nazionali ad opera della stessa Pirelli, con il famoso Explorer (vedi Figura 35 e Figura 36), della Cirio di Torino con il Super Abissal distribuito dalla Tigullio a partire dallo stesso anno (vedi Figura 37 e Figura 38)  ed infine della Mares con l’Air King, uscito nel 1959 (vedi Figura 39 e Figura 40).

 

fig. 35 fig. 36

 

Tuttavia, nonostante tutti questi modelli in uscita e il crescente interesse delle aziende italiane del settore, la loro vendita stentò a decollare ed i numeri di produzione complessivi  restarono molto limitati, indipendentemente dalle prestazioni degli autorespiratori che restavano ben lontane da quelle molto superiori che avrebbe portato poi il leggendario Mistral.

 

fig. 37 fig. 38

 

Il Mistral, rivoluzionario autorespiratore che, per primo, introdusse l’impiego dell’effetto Venturi per la riduzione dello sforzo inspiratorio, comparve in Italia nel 1956 ancora come produzione su licenza dalla Salvas (vedi Figura 41).
Purtroppo però il mercato italiano non era ancora sufficientemente maturo per sostenere la produzione di migliaia o decine di migliaia di pezzi, come stava già avvenendo nello stesso periodo in Nord America. Il paese stava ancora cercando di risollevarsi dai disastri lasciati dalla Seconda Guerra Mondiale e quello che poi diventerà il cosiddetto “miracolo economico italiano” si sarebbe verificato qualche anno dopo, durante gli anni ’60.

 

fig. 39 fig. 40

 

Soltanto durante la prima metà degli anni ’60 in Italia il numero di subacquei che si immergevano con l’autorespiratore ad aria cominciò a crescere in maniera significativa grazie alle maggiori disponibilità economiche rispetto a quelle del decennio precedente, allo sviluppo del turismo balneare estivo ma anche alla sempre maggiore diffusione delle scuole subacquee (all’epoca rappresentate dalla FIPS) sul territorio nazionale, che insegnavano l’uso in sicurezza di questo apparecchio.

 

fig. 41

 

E così anche l’Acquasub, ben presto oscurato come prestazioni, costi, affidabilità e semplicità di manutenzione dal fratello minore Mistral, ebbe la stessa sorte dei modelli della concorrenza che tentarono di penetrare il modesto e limitato mercato italiano della subacquea sportiva degli anni ’50. Dalle matricole dei pochissimi esemplari ancora esistenti e conosciuti al mondo, possiamo dedurre che ne furono costruiti soltanto poche centinaia di unità. Questo autorespiratore compare ancora nel catalogo Rex-Hevea del 1958 (vedi Figura 42) che conferma la produzione dello stesso modello fino a quell’anno, anno che fu anche l’ultimo dell’accordo Salvas-La Spirotechnique per la produzione su licenza dell’Acquasub e del Mistral. A partire dall’anno successivo (1959), infatti, il solo Mistral verrà prodotto e distribuito in Italia dalla Spiro-Sub, un marchio di proprietà Cressi. L’Acquasub ha avuto una distribuzione  limitata anche in alcuni paesi esteri, come si deduce dalla copertina della rivista tedesca “Delphin” del Marzo 1959 nella quale compare una subacquea equipaggiata con questo autorespiratore (vedi Figura 43).
A conferma del numero molto  ridotto di autorespiratori Acquasub prodotti dalla Salvas, questo modello è considerato dai collezionisti di materiale subacqueo vintage uno dei più rari in assoluto al mondo.

 

fig. 42 fig. 43

 

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