AUTORESPIRATORE "FAI DA TE" SETTANTA ANNI DOPO

Maurizio Baldinucci

Negli anni dell’immediato dopoguerra negli Stati Uniti ma anche in parecchie altre parti del mondo, Italia compresa, la grande voglia di scoprire il meraviglioso mondo sottomarino andando al di là dei ristretti limiti concessi dall’apnea, indusse molti appassionati dotati di spirito di iniziativa e di capacità artigianali, ma spesso con pochi soldi in tasca, a inventare e fabbricare il proprio autorespiratore ad aria direttamente nel garage di casa.
In Italia, ad esempio, alcuni erano riusciti a reperire a buon mercato esemplari di ARO militari e li utilizzavano senza conoscerne le regole di impiego, finendo con l’essere spesso vittime della loro ignoranza, con numerosi incidenti dall’esito spesso fatale. Negli USA invece i “piccoli inventori” erano molto diffusi in quegli anni durante i quali l’industria stava lentamente riconvertendosi da una produzione prevalentemente militare verso le esigenze di un mercato civile in rapida espansione. L’utente americano medio doveva fare i conti con la scarsità di prodotti specifici per lo sport ed il tempo libero ed anche con le finanze familiari che la guerra aveva reso spesso minime. Per gli appassionati delle immersioni l’oggetto più desiderato agli inizi degli anni ’50 era indubbiamente l’Aqua-Lung, il primo vero autorespiratore autonomo (unità SCUBA) inventato dal duo Cousteau-Gagnan ed arrivato negli Sati Uniti alla fine del 1948 per essere poi distribuito dalla U.S. Divers di René Bussoz.
Le unità disponibili erano ancora poche rispetto alla richiesta ma, soprattutto, il loro prezzo (circa 160 dollari in versione base) era ben al di là della portata della maggior parte delle tasche di molti subacquei del tempo. Cosa fare allora? Per fortuna anche in questo caso i materiali dismessi dai militari, adatti ad essere impiegati e modificati allo scopo, non mancavano. Il “cuore” di quella che sarebbe diventata l’unità SCUBA autocostruita più diffusa negli USA dall’immediato dopoguerra fino alla metà degli anni ’50 fu l’apparecchio di erogazione e diluizione a domanda, identificato dal codice AN-6004-1, impiegato nei sistemi di respirazione aria-ossigeno degli aerei militari della seconda guerra mondiale e prodotto da alcuni costruttori specializzati (vedi figg. 1 e 2).

Fig. 1 Fig. 2

L’apparecchio di erogazione era del tipo a domanda e veniva attivato mediante una membrana collegata ad una valvola a sua volta connessa ad una piccola bombola di ossigeno (con volume intorno ai 2 litri). Alcune manopole specifiche integrate nell’erogatore consentivano di regolare la percentuale di aria, che veniva aspirata dall’ambiente, e di ossigeno da fornire all’operatore a seconda delle esigenze (es. quota di volo e severità delle manovre). Anche le piccole bombole utilizzate per queste applicazioni potevano essere recuperate e impiegate per fabbricare questi primi rudimentali autorespiratori ad aria. Ricordiamo che le bombole per immersioni SCUBA del formato che oggi conosciamo allora non erano disponibili sul mercato e sarebbero state prodotte e distribuite in numero consistente soltanto a partire dalla seconda metà degli anni ’50 proprio per soddisfare il numero crescente di appassionati di questo nuovo sport.
Già da qualche decennio, per suggerire soluzioni e tecniche costruttive al numeroso pubblico di appassionati del “fai-da-te”, esistevano varie pubblicazioni tra le quali il mensile Popular Science che, nel numero di Luglio 1953, proponeva l’articolo How to Build and Use a Diving Lung (come costruire ed impiegare un autorespiratore subacqueo) (vedi figg. 3 e 4). L’articolo, a firma Herb Pfister, illustrava tutto il processo per auto-costruire in casa un autorespiratore ad aria utilizzando proprio un apparecchio militare AN-6004-1 e due piccole bombole originariamente impiegate per contenere anidride carbonica e con una pressione massima di ricarica di 1800 psi, circa 124 bar. Tutto il resto del materiale descritto nell’articolo poteva facilmente essere reperito negli stessi magazzini di materiale militare o negli empori che vendevano hardware metallico e materiale da falegnameria (bulloneria, fascette, fogli di lamiera, pannelli di legno, ecc.).

Fig. 3 Fig. 4

L’autore dell’articolo sosteneva che l’autorespiratore completo (escluse ovviamente maschera e pinne) avrebbe potuto costare non più di 40 dollari, cifra 4 volte inferiore rispetto a quella necessaria per acquistare un vero Aqua-Lung.
Due esempi di questo autorespiratore autocostruito in quegli anni possono essere osservati nelle figg. 5 e 6.

Fig. 5 Fig. 6

Visto che ho avuto la fortuna di reperire un esemplare della suddetta pubblicazione su uno dei tanti siti online che vendono vecchi libri e riviste, mi è venuto in mente di provare a costruire anch’io questo autorespiratore seguendo il più fedelmente possibile le istruzioni dell’articolo originale della rivista Popular Science. Sarà un po' come tornare indietro di circa settanta anni e sperimentare le stesse gioie e magari le stesse frustrazioni dei nostri predecessori che, pur di appagare il loro sconfinato desiderio di immergersi, non avevano timore di affrontare disagi e difficoltà di ogni tipo. In particolare, leggendo l’articolo originale e osservando le soluzioni tecniche messe in atto, i maggiori dubbi si riferivano alle reali prestazioni di sforzo respiratorio e portate d’aria concesse da questo apparecchio.
Naturalmente dopo circa settanta anni, era del tutto improbabile o impossibile reperire esattamente gli stessi materiali indicati nell’articolo. Per alcuni componenti ho dovuto pertanto scegliere soluzioni alternative che non modificassero sostanzialmente il funzionamento e le prestazioni dei materiali originali. Questi componenti sono poi stati montati nell’autorespiratore nelle medesime posizioni illustrate nell’articolo del1953. Ho anche cercato di seguire il più fedelmente possibile le stesse sequenze di costruzione e di montaggio indicate nella rivista.

Bombole e rubinetteria

Per restare fedeli allo spirito originario di questo lavoro e cioè quello di costruire un autorespiratore subacqueo ad aria usando materiali provenienti da altri settori di impiego, ho di proposito deciso di non scegliere bombole dedicate ad applicazioni subacquee che oggi sono ampiamente disponibili un po' in tutte le taglie. La scelta è caduta su due bombole da 2 litri per ossigeno impiegate in applicazioni medicali (sistemi di respirazione ad ossigeno per ospedali e ambulanze). Queste bombole, che sono state reperite in Germania come materiale usato ad un prezzo molto contenuto, sono dotate di rubinetterie con attacco filettato 3/4“ GAS maschio che è lo standard usato in quel paese per queste applicazioni (vedi figg. 7 e 8). Le bombole sono provviste di collaudo ancora in corso di validità.

Fig. 7 Fig. 8

I materiali e componenti selezionati per la costruzione della speciale rubinetteria adatta alle bombole acquistate per questa applicazione sono mostrati nelle figg. 9 e 10.

Fig. 9 Fig. 10

Il corpo della rubinetteria verrà ricavato dalla barra in ottone di sezione esagonale da 36 mm, anch’essa acquistata online. La barra verrà tagliata a misura, lavorata e filettata in maniera da ospitare i vari raccordi per le bombole e gli attacchi per l’erogatore-miscelatore e per la valvolina di carico. Considerando che le bombole scelte per questo lavoro hanno una rubinetteria per ossigeno medicale con filettatura 3/4" GAS maschio, la connessione tra i rubinetti delle bombole ed il corpo centrale in ottone verrà assicurata dai due speciali adattatori in ottone 3/4“ GAS femmina – 1/2“ GAS maschio anch’essi disponibili su Internet. Le tenute tra adattatori e rubinetterie delle bombole saranno assicurate mediante rondelle in nylon mentre la tenuta tra adattatori e corpo centrale in ottone verrà realizzata attraverso filettatura conica da 1/2“ GAS e nastro in teflon. Nella parte centrale del corpo in ottone della rubinetteria verrà ricavata la sede filettata da 1/8“ GAS per la connessione con l’erogatore-miscelatore (diretta verso l’alto) e la sede filettata da 10x1 mm per l’inserimento della valvolina unidirezionale di carico (diretta verso il basso). Quest’ultima potrà essere collegata alla speciale attrezzatura per la ricarica dotata di adattatore per la connessione a normali bombole SCUBA e di uno speciale attacco rapido. Questa attrezzatura è facilmente reperibile su Internet ed è impiegata per la ricarica delle armi giocattolo impiegate nel Paintball e dei bombolini dotati di erogatori integrati per effettuare brevi immersioni a profondità limitata. L’aggiunta di questa valvolina di carica impiegata nelle attrezzature per il Paintball è stata decisa per rendere più agevole la ricarica delle bombole dell’autorespiratore, manovra che, nella soluzione originale, necessitava della rimozione delle due bombole dalla piastra di supporto e della successiva ricarica per travaso da bombole più grandi.
Il risultato delle lavorazioni meccaniche e del montaggio dei componenti della rubinetteria è mostrato nelle figg. 11 e 12.

Fig. 11 Fig. 12

Piastra di supporto (schienalino)

I materiali individuati per la costruzione della piastra di supporto di bombole e rubinetteria sono molto simili a quelli descritti nell’articolo eccetto che per gli spessori i quali, nell’applicazione originale, sono in pollici mentre, nel nostro caso sono in millimetri. E così le lastre di alluminio da 1/8 di pollice (3,175 mm) sono diventate da 3 mm e il pannello in compensato multistrato marino da 1/2 pollice (12,7 mm) è diventato da 12 mm. Anche le dimensioni della piastra sono state arrotondate a valori in millimetri. Le dimensioni originali da 12 pollici X 16 pollici (304,8 mm X 406,4 mm) sono state portate a 300 mm X 400 mm. Per il resto le lavorazioni meccaniche effettuate su questi materiali sono pressoché identiche a quelle mostrate nell’articolo del 1953 (vedi figg. 13 e 14).

Fig. 13 Fig. 14

Imbragatura

Purtroppo, nonostante le tante ricerche effettuate su Internet, non sono riuscito a reperire un esemplare dell’imbragatura originale descritta nell’articolo e identificata dal codice militare AN-1201-1. Questa imbragatura era principalmente impiegata negli aerei militari per il trasporto delle truppe. Ho così deciso di impiegare una imbragatura moderna a 4 punti di attacco, come quella originale, ma normalmente impiegata in applicazioni automobilistiche sportive (vedi figg. 15 e 16).

Fig. 15 Fig. 16

Anche se la connessione centrale a sgancio rapido dell’imbragatura è sostanzialmente diversa da quella originale, l’impiego e la funzione della stessa è praticamente identica. Per onestà intellettuale devo riconoscere che i materiali metallici di questa imbragatura e i loro trattamenti protettivi superficiali, non essendo stati progettati per impiego subacqueo, potrebbero avere problemi legati alla corrosione in un loro eventuale uso prolungato sott’acqua. Ma certo questa ora non è la mia principale preoccupazione, non volendo certo impiegare questo autorespiratore sott’acqua ma soltanto come esemplare da esposizione. Del resto, anche l’imbragatura richiamata nell’articolo non era concepita per impiego subacqueo e sicuramente avrebbe manifestato gli stessi problemi di corrosione.

Fasce di supporto bombole

Queste sono state realizzate impiegando strisce di alluminio di larghezza pari a 25 mm (1 pollice pari a 25,4 mm nell’articolo) e con spessore di 2 mm. Le fasce sono state realizzate tagliando a misura le strisce di alluminio e poi sagomandole in modo da fasciare con precisione le bombole da 2 litri. La piega delle estremità e la loro foratura per consentire l’installazione dei bulloni di collegamento con la piastra di supporto hanno completato la lavorazione (vedi figg. 17 e 18).

Fig. 17 Fig. 18

Modifica dell’erogatore-miscelatore

Questo tentativo di ricostruire un autorespiratore ad aria seguendo il più possibile le procedure dell’articolo della rivista Popular Science del 1953 non avrebbe avuto alcun senso se non avessi trovato alcuni esemplari degli erogatori-miscelatori originali tipo AN-6004-1 su eBay. Questi apparecchi si possono trovare ancora a prezzi modici (dai 30 ai 60 dollari a seconda delle condizioni) presso rivenditori specializzati in materiale militare dismesso. Rispetto agli apparecchi descritti nell’articolo del 1953 gli esemplari in mio possesso hanno avuto piccole modifiche (vedi figg. 19, 20, 21 e 22) ampiamente comprensibili visto l’ampio periodo temporale durante il quale questo apparecchio è stato impiegato, ma non tali da comprometterne le prestazioni e l’impiego previsto.

Fig. 19 Fig. 20
Fig. 21 Fig. 22

In particolare, la modifica più importante riguarda il meccanismo di collegamento tra la membrana (che è rimasta in tessuto come nell’applicazione del 1953) e la valvola di erogazione dell’ossigeno. L’altra modifica che abbiamo notato è il sistema di regolazione del flusso di ossigeno che non è più a vite ma ha bisogno di uno speciale attrezzo per modificarne la taratura.
Le azioni di modifica intraprese sono state il più possibile identiche a quelle descritte nell’articolo e cioè le seguenti:

  • Trasformazione della manopola di controllo della diluizione e di ingresso dell’aria in un semplice raccordo di scarico dell’aria espirata provvisto di valvola a becco d’anatra (vedi figg. 23, 24, 25 e 26).
Fig. 23 Fig. 24
Fig. 25 Fig. 26
  • Inserimento di una molla in acciaio inox per l’aumento della forza di richiamo della membrana e della valvola di erogazione (vedi figg. 27 e 28).
Fig. 27 Fig. 28
  • Impermeabilizzazione della membrana mediante l’applicazione di un collante apposito definito rubber cement nell’articolo (vedi figg. 29 e 30).
Fig. 29 Fig.30

Il dispositivo, dopo le modifiche, si presenta come illustrato nelle figg. 31 e 32.

Fig. 31 Fig. 32

Circuito di respirazione

I componenti impiegati nella costruzione di questa parte dell’autorespiratore sono illustrati nella fig. 33.

Fig. 33

I tubi corrugati in gomma con rivestimento tessile, simili a quelli impiegati nei sistemi di respirazione degli aerei militari da cui è stato preso l’erogatore-miscelatore tipo AN-6004-1, sono stati reperiti in Lettonia e sono quelli impiegati nei rebreather Russi tipo IDA-71 e simili. Molto robusti e a costi contenuti. Il raccordo a T in rame con fori da 22 mm è di quelli impiegati per la costruzione delle tubazioni degli impianti di riscaldamento civili e può essere facilmente reperito presso rivenditori di materiale termosanitario. L’altro raccordo a T cromato è un vecchio boccaglio impiegato negli autorespiratori monostadio Mistral di prima generazione e su cui verrà montato un boccaglio in gomma con relativa fascetta in plastica. Le due valvole di non ritorno con elementi di tenuta in gomma rossa e corpo trasparente in plastica e che vengono usate nei sistemi di distribuzione di liquidi ed acqua, sono anch’esse disponibili online. Queste valvole, che pensiamo possano avere una resistenza equivalente al passaggio di aria, sostituiranno le “flutter valve” dell’articolo realizzate da “noisemaker” in gomma calzati su rocchetti in plastica. La tenuta di queste valvole con i due raccordi a T sarà assicurata mediante o-ring di dimensione adeguata montati tra il corpo delle valvole unidirezionali e quello dei raccordi a T (vedi figg. 34, 35, 36 e 37).

Fig. 34 Fig. 35
Fig. 36 Fig. 37

Il collegamento dei raccordi a T con i tubi corrugati è assicurato con fascette metalliche a vite in acciaio inox simili a quelle descritte nell’articolo (vedi figg. 38 e 39).

Fig. 38 Fig. 39

Il risultato finale del montaggio dei tubi corrugati, del boccaglio e del raccordo con il riduttore di pressione si può notare in fig. 40.

Fig. 40

Assemblaggio finale

L’autorespiratore è stato infine completamente assemblato, montando anche la staffa per il collegamento dell’erogatore-miscelatore alla piastra di supporto, come descritto nell’articolo del 1953 (vedi figg. 41 e 42).

Fig. 41 Fig. 42

Per il montaggio abbiamo impiegato bulloneria in acciaio inox costituita prevalentemente da bulloni a testa svasata ed esagono incassato M5, M6 e M8 con le relative rondelle e dadi autofrenanti. Il risultato finale del montaggio su manichino si può vedere nelle figg. 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49 e 50.

Fig. 43 Fig. 44
Fig. 45 Fig. 46
Fig. 47 Fig. 48
Fig. 49 Fig. 50

In seguito alla pubblicazione dell’articolo su Popular Science, ci furono addirittura alcune aziende, come la Edward Aguado Trading Company (ATCO) di Saint Louis, che mettevano in vendita il kit completo e le istruzioni di montaggio, evitando così agli appassionati il lungo lavoro di ricerca ed acquisto dei vari componenti necessari alla costruzione di questo autorespiratore artigianale. Il prezzo di vendita di questi kit era di $39.95 per la versione monobombola e di $49.95 per la versione bibombola.
Altre aziende decisero di riconvertire a livello industriale questi apparecchi militari ed offrirli sul mercato in alternativa alle unità SCUBA più diffuse e popolari (ma anche molto più dispendiose). La più importante di queste fu la Dive-Craft Industries di Pittsburgh (Pa) che sarebbe poi diventata la Diving Industries la quale, a partire dal 1952, iniziò a distribuire sul mercato questi autorespiratori derivati dalle unità di erogazione e diluizione militari con il nome di “Sea Horse Diving Lungs” (vedi figg. 51 e 52).

Fig. 51 Fig. 52

Come si può notare dalla locandina pubblicitaria di fig. 51, l’elemento di maggiore attrazione per il pubblico era il prezzo che restava significativamente inferiore a quello degli Aqua-Lung Cousteau Gagnan.
Queste versioni “industrializzate” avevano già alcune modifiche significative che servivano a mitigare alcuni limiti intrinseci del progetto iniziale, così come descritto nell’articolo del 1953. La modifica più importante consisteva nella separazione tra circuito di inspirazione e circuito di espirazione che, a partire dal raccordo a T a cui erano collegati i tubi corrugati, era di fatto di tipo pendolare. Cioè l’aria percorreva in due direzioni opposte durante le due fasi della respirazione la stessa parte del circuito con notevole accumulo di anidride carbonica. Inoltre, la configurazione iniziale dell’apparecchio, con il circuito di scarico in comunicazione con l’interno dell’erogatore-miscelatore, ne rendeva frequente la contaminazione con acqua salata con conseguente forte accelerazione della corrosione dei suoi meccanismi interni. La soluzione adottata dall’azienda americana consisteva nella sostituzione del coperchio originale dell’unità di erogazione-diluizione con un coperchio di maggiore altezza capace di ospitare la valvola di scarico a becco d’anatra ed il relativo raccordo con il tubo corrugato di espirazione. Per ottenere una migliore disposizione generale del circuito, anche il tubo di espirazione venne spostato dal raccordo orientato a 45° presente nell’unità di erogazione-diluizione al raccordo modificato che ospitava in precedenza la valvola a becco d’anatra. A quel punto anche lo stesso raccordo a 45° diventava inutile e quindi venne eliminato e sostituito con un tappo. Infine, anche il volantino rosso per la regolazione del flusso di ossigeno venne sostituito con un meccanismo a leva che rendeva molto più agevole l’azionamento della valvola da parte del subacqueo. Le suddette modifiche sono illustrate nelle figg. 53, 54, 55, 56, 57 e 58.

Fig. 53 Fig. 54
Fig. 55 Fig. 56
Fig. 57 Fig. 58

Nonostante i miglioramenti introdotti nelle versioni commerciali, le prestazioni di questo autorespiratore restarono sempre molto scarse soprattutto dal punto di vista degli sforzi di respirazione e della portata d’aria effettivamente disponibile. Lo stesso autore dell’articolo ne consigliava l’impiego per profondità non superiori ai 30 piedi (circa 9 metri). Questa conclusione non deve stupirci se pensiamo che l’unità di erogazione-diluizione militare era progettata per funzionare a pressioni ambiente non superiori a 1 bar e che gran parte della portata del gas erogato nella maggior parte delle condizioni era presa direttamente dall’interno del velivolo. Nonostante i suoi limiti riconosciuti ed il suo aspetto estetico certo non paragonabile a quello di modelli ben più famosi e costosi già disponibili sul mercato in quel periodo, questo tipo di autorespiratore, che restò in produzione soltanto pochi anni (1957), rappresenta comunque una pietra miliare nella storia e nell’evoluzione delle attrezzature per l’immersione durante la fase pionieristica della subacquea.

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