Sono in molti a pensare che l’invenzione del sistema autonomo di respirazione subacquea sia da attribuire esclusivamente ali’ingegnere Emil Gagnan e al comandante Jacques-Yves Cousteau. Al contrario, la storia della scoperta del mondo marino risale ad epoche ben più remote. Difatti, questa grande rivoluzione ebbe inizio alla fine del XVIII secolo con la coniazione nel 1775 da parte di Abbé de la Chapelle della parola “muta da sub” per indicare la sua invenzione, una sorta di giacca di salvataggio in sughero che permetteva ai soldati di attraversare agevolmente i corsi d'acqua galleggiando.
fig. 1 - Giacca di salvataggio in sughero di Abbé de la Chapelle
Nel 1820 il dentista parigino Paul Lemaire d'Augerville sviluppa un dispositivo antincendio che oggi chiameremmo Autorespiratore Isolato, sistema ancora in uso presso i vigili del fuoco. Questo era una sorta di bidone corazzato caricato con aria compressa, iniettata in una maschera tramite un rubinetto. Essendo il dispositivo di funzionamento incerto fu subito abbandonato. Ma lungi dallo scoraggiarsi, l'inventore, animato da grandi ambizioni e perseveranza, decise di crearne una versione acquatica che può essere considerata uno dei primi sistemi subacquei ad avere funzionato. Forse la cosa più rilevante di tutta la complessa attrezzatura era una "cintura da nuoto", quasi il prototipo di un moderno gav, che permetteva di scendere o risalire. Tuttavia, le difficoltà tecniche dell’epoca e la complessità di riempire un contenitore a pressioni elevate chiusero fin da subito la strada a qualunque tentativo di realizzare un sistema subacqueo autonomo.
fig. 2 - Dispositivo di Paul Lemaire d'Augerville
Una svolta la si ha quando un certo dottor Manuel-Théodore Guillaumet, nel 1838, costruisce e poi brevetta un dispositivo composto da un manometro e una "bombola erogatrice". L'idea è quella di indirizzare al subacqueo dell'aria che, prima di arrivare alla sua bocca, passi attraverso un apparato di regolazione capace di portarne la pressione esattamente pari a quella ambiente.
Il sistema funzionava tramite una pompa azionata da un uomo in superficie il quale, attraverso un tubo di tela reso impermeabile da uno strato di gomma, comprimeva dell'aria in una bombola indossata sulla schiena dal subacqueo, portandola ad una pressione superiore a quella corrispondente alla profondità alla quale doveva scendere. A questo punto l’aria così compressa affluiva nel dispositivo di Guillaumet, in pratica un erogatore, per essere equalizzata alla pressione ambiente. Da questa riserva l'aria arrivava alla bocca del subacqueo sempre attraverso un tubo di tela gommata collegato a un boccaglio con valvola a cerniera, che si apriva all'atto dell'inspirazione per poi chiudersi durante l’espirazione. Fase che ne apriva un'altra, posta all'ingresso del tubo destinato allo scarico dell'aria.
fig. 3 - Apparecchio del dott. Manuel-Théodore Guillaumet
Nonostante il sistema del dottor Guillaumet fosse sicuramente migliore di tutte la apparecchiature del passato, presentava ancora delle grosse lacune, innanzitutto non era autonomo. L'aria infatti veniva ancora fornita da una pompa in superficie, non esisteva una vera e propria riserva intermedia ed infine non contemplava nessun dispositivo che permettesse al subacqueo un'adeguata visione. Nonostante ciò, l'ingegnoso apparato diventò d’ispirazione per tutti i sistemi futuri.
Fino alla metà dell’ottocento non succede molto altro, gli sforzi verso la non dipendenza dalla superficie di un subacqueo non producono progressi significativi e la cosa sembra essere ormai accettata. Finché in Francia nel dicembre 1855 la Mineral, una Società dell'industria mineraria, decide di assegnare un premio all'inventore che presenterà il migliore dispositivo portatile capace di consentire l'ingresso in ambienti ostruiti pieni di gas irrespirabili o allagati. Non passa molto tempo e un collaboratore della stessa Mineral, un giovane ingegnere di nome Benoît Rouquayrol che da tempo si occupa dei processi di salvataggio nelle miniere, presenta un lavoro particolarmente interessante. Il dispositivo funziona secondo lo stesso principio di quello del dott. Théodore Guillaumet e verrà brevettato da Rouquayrol nell'aprile del 1860.
fig. 4 - Disegno allegato al brevetto di Rouquayrol denominato autorespiratore alimentato ad aria normale, ossia non compressa
Nel Gennaio del 1862 Rouquayrol deposita un nuovo brevetto: il 'Rouquayrol Isolator' composto dal suo precedente sistema, da una maschera con stringinaso, da un boccaglio in gomma fissato su un becco metallico. Con questo semplice espediente si potrà finalmente fare a meno dell’ingombrante e pesante casco da palombaro. Un terzo brevetto viene invece depositato nel 1863 per una pompa di superficie raffreddata ad acqua, destinata a fornire aria al suo apparecchio. A questo punto a Rouquayrol non restava che combinare le sue tre invenzioni: una pompa per pressurizzare dell'aria, un serbatoio che poteva contenere dell’aria a pressioni elevate e un erogatore a richiesta. Da questo attraverso un boccaglio si poteva respirare senza nessun problema, ottenendo così un sistema pressurizzato che permetteva lo stacco della manichetta in caso di necessità, consentendo a chi lo indossava di avere una riserva d'aria autonoma con la quale potersi spostare liberamente. Ma, come sempre accade, per trasformare una buona idea in un progetto più concreto serve un qualcosa che non sempre è presente nei grandi inventori. Questo "qualcosa" Rouquayrol lo troverà in Auguste Denayrouze, un tenente di marina in congedo temporaneo a seguito di una malattia contratta durante una spedizione in Cocincina. Denayrouze durante il suo soggiorno a Espalion scopre le nuove invenzioni di Rouquayrol, che conoscerva essendo originari della stessa regione dell'Aveyron e lontanamente imparentati. Fin da subito, grazie all'esperienza acquisita con Joseph-Martin Cabirol, Inventore francese di attrezzature da palombaro basate sui disegni di Augustus Siebe, intravede le grandi potenzialità del sistema “Regulator” di Rouquayrol per poter essere adattato ad una versione destinata alla subacquea. Entusiasta dell'apparecchio del suo amico, Denayrouze immaginava già come questo equipaggiamento, progettato per salvare vite umane nelle miniere, potesse essere adattato alle esigenze della Marina Nazionale. Poco dopo l’incontro tra i due, Denayrouze si trasferisce a Parigi per sviluppare appieno il progetto e lì, con il contributo di un artigiano di nome Aygalenc che partecipa attivamente ad alcune migliorie, iniziano le modifiche dell’apparecchio fornito da Rouquayrol. Ormai fisso a Parigi, oltre a informare costantemente il Rouquayrol sui progressi e i dettagli tecnici del nuovo autorespiratore, Denayrouze si troverà a lavorare anche sul fronte commerciale. Grazie ai suoi contatti, riesce a inserire il nuovo sistema d’immersione in un lavoro sul salvataggio in cui era coinvolta la Marine National. Il sistema dimostra di funzionare egregiamente, tanto da convincere la Marina a chiedere a Denayrouze di impegnarsi per svilupparlo ulteriormente in vista di future applicazioni.
Nel 1864, stesso anno della prova eseguita dalla Marina, Benoît Rouquayrol e Auguste Denayrouze brevettano delle varianti al loro sistema. Un serbatoio intermedio per la versione rifornita dalla superficie con la pompa manuale e, come uso alternativo, un serbatoio per l’aria compressa a 40 atmosfere per la versione autonoma. Con queste varianti danno origine al primo vero dispositivo autonomo destinato alle immersioni e soprattutto anticipano i princìpi progettuali degli attuali sistemi di respirazione subacquea.
fig. 5 - Dispositivi Rouquayrol-Denayrouze
Per adattare sempre meglio il sistema all'uso pratico, al brevetto originario del 1864 si susseguiranno altre due versioni. La prima era pensata sia per ambienti marini che minerari, detta a “bassa pressione”, dove il serbatoio alimentato con l’aria che arrivava tramite una pompa dalla superficie, poteva avere un volume compreso tra gli 8 e i 25 litri. La seconda, pensata principalmente per ambienti marini e detta ad “alta pressione”, aveva un serbatoio da 35 litri che conteneva una riserva d'aria pressurizzata a 30 atmosfere. Questa seconda versione poteva essere resa indipendente, garantendo un'autonomia di circa venticinque minuti a dieci metri di profondità. Di quest'ultima variante, visto che il rame era troppo debole, ne venne realizzato un secondo modello in ferro con dei rivetti di rinforzo per poter essere pressurizzata fino a 40 atmosfere.
fig. 6 - Manuali d’uso dei sistemi Rouquayrol e Denayrouze
Sempre nel 1864, per proteggere al meglio il subacqueo dalle basse temperature delle profondità marine, Rouquayrol e Denayrouze realizzarono e brevettarono una muta impermeabile in tela gommata sul tipo di quelle già in uso presso i palombari.
fig. 7 - Sistema Rouquayrol e Denayrouze
Assieme alla muta, nel brevetto viene pure inserita una piccola "campana" per la testa che si riempie progressivamente d'aria quando il sub espira. In questo modo si pensava che, oltre a proteggergli la tesa, il subacqueo potesse vedere abbastanza chiaramente attraverso l'oblò. Completavano la dotazione mollette per il naso e suole in piombo da otto chilogrammi ciascuna. I primi test del sistema vengono effettuati da alcuni apneisti di Espalion che si immergono con gli occhi aperti senza ancora alcun tipo di protezione. Ora il subacqueo ha un supporto vitale efficiente, indossa una protezione termica, ma i due inventori prendono atto già nel 1865 che la campana appena brevettata è insufficiente per consentire una visione ottimale. Pertanto archiviano i'idea originale e progettano una maschera in rame a pieno facciale, utilizzabile in abbinamento alla tuta da immersione. La chiamano “muso di maiale” per la sua forma.
fig. 8 - Maschera Muso di Maiale
Il funzionamento della maschera è molto semplice. A differenza dell'elmo da palombaro dove l’aria entra nel casco, qui l'aria proveniente dall'erogatore arriva direttamente al subacqueo attraverso un boccaglio installato all’interno, mentre i gas espirati vengono espulsi tramite un rubinetto ad azionamento manuale dotato di una valvola di non ritorno. Nel tempo sono tre i brevetti di questa maschera che si susseguono, passando dalla variante a un oblò, a tre e infine a quattro oblò. Tuttavia, le difficoltà incontrate dai subacquei che la utilizzarono portarono nel 1866 a sostituire la maschera a muso con un più tradizionale casco da palombaro, dotato dello stesso boccaglio e della stessa valvola per l'evacuazione dell'aria viziata. L'anno prima avevano depositato un brevetto per dotare il sistema di un fischietto che avvertisse il subacqueo del basso livello della riserva d'aria, poi brevettano un filtro in tessuto metallico per impedire che delle particelle marine vadano a ostacolare la membrana flessibile di tela gommata dell'erogatore.
Altre invenzioni sono la valvola a pulsante, sulla quale il subacqueo premendo con la testa fa defluire l’aria viziata o in eccesso; l'elmo Denayrouze 1873 a tre bulloni, destinati a fissare il vestito da sub al casco; il sistema di afflusso dell'aria, che non avviene più attraverso un boccaglio ma direttamente nel casco e comprende, oltre alla valvola manuale di evacuazione dell'aria viziata, la novità della suddetta valvola a pulsante. Inoltre, progettano un serbatoio intermedio posto tra la pompa e il casco in modo da garantire la regolarità dell'apporto d'aria. Proteggendo tra l'altro le orecchie del subacqueo dalle possibili differenze di pressione generate delle pompe tradizionali che inviano l’aria direttamente nei caschi. Ulteriori brevetti sono stati depositati nel tempo pure da Louis Denayrouze fratello di Auguste: l'Aerophore, un dispositivo destinato al salvataggio in ambienti minerari; una lampada impermeabile a cherosene utilizzabile sott'acqua; Il Corno Acustico Subacqueo, ossia il primo telefono che permetteva al subacqueo di comunicare con gli assistenti in superficie. In ultimo, l'elmo con gancio Denayrouze, un sistema di fissaggio del casco senza bulloni.
fig. 9 - Aerophore
fig. 10 - Casco con aggancio Denayrouze
Curiosità, l'invenzione di Rouquayrol e Denayrouze ricevette la medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi nel 1867 e Jules Verne se ne ispirò per attrezzare il Capitano Nemo e il suo equipaggio in "Ventimila Leghe sotto i Mari".
fig. 11 - Pagina di giornale dedicata all’esposizione universale di Parigi dove
viene illustrato il sistema di Rouquayrol e Denayrouze
Il sistema Rouquayrol e Denayrouze con i suoi numerosi miglioramenti fu oggetto di diversi brevetti fino al 1910; ne furono costruite circa 1.500 unità per soddisfare le esigenze delle varie marine nazionali e società di lavori idraulici, nonché per la pesca delle spugne. Tra le altre cose, oltre a creare nel 1865 la società Rouquayrol-Denayrouze per la commercializzazione e la produzione dei propri sistemi per le immersioni, Auguste Denayrouze fonda pure la “Société Française de Pêche aux Sponges pour la Méditerranée Orientale”, con sede in Turchia. Società che affida nel 1869 a suo fratello Louis affinché potesse commercializzare al meglio il sistema nel Mediterraneo Orientale.
fig. 12 - Sistema Rouquayrol e Denayrouze
Le due società verranno poi sciolte nel 1874 in favore di un'unica società denominata Société des Spécialités Mécaniques Réunies, con direttore Louis Denayrouze. Dieci anni più tardi, ne 1884, avviene un ulteriore cambio di statuto e l'azienda diventa Société Anonyme des Spécialités Mécaniques dove Louis Denayrouze, non più direttore, resterà con la mansione d’ingegnere e consigliere fino al 1895. In quell'anno Charles Petit, proprietario dell'omonima Société Charles Petit, acquista da Louis Denayrouze la Spécialités Mécaniques. Dopo la prima grande guerra, nel 1920 Charles Petit unisce le forze con il fidanzato di sua figlia, René Piel, e il nome dell'azienda cambia in Société Charles Petit et René Piel. Nel 1930 l'azienda diventa Établissements René Piel, per poi cambiare nel 1939 in Société Anonyme René Piel. Bernard Piel figlio di René rileva l'attività nel 1940 e l'azienda diventa Établissements Bernard Piel. Bernard Piel è stato, nel 1965, l'ultimo produttore di dispositivi per immersione Rouquayrol-Denayrouze.
fig. 13 - Pubblicità degli scafandri Denayrouze Petit e Denayrouze Petit & Piel
Come considerazione finale è da notare che la Rouquayrol-Denayrouze, oltre ad aver indirizzato un percorso di produzione e progettazione che avrebbe fatto la storia della subacquea, continuò il suo percorso quasi per un secolo, dal 1874 fino al 1965, visto che le targhe delle società che si sono succedute riportavano sempre prima l’intestazione 'Apparecchi subacquei Denayrouze' e solo di seguito la denominazione dell'azienda, che cambiava a seconda dei tempi. Oggi l’unico dispositivo originale del 1864 di Rouquayrol-Denayrouze è conservato in Francia a l'Espalion, città natale di Rouquayrol, esposto presso il Diving Museum e donato dalla società Piel, ultima erede nella successione delle società Denayrouze e Charles Petit.
fig. 14 - Dispositivo originale Rouquayrol-Denayrouze del 1864, conservato in Francia a l'Espalion
Come funziona in pratica il sistema Rouquayrol-Denayrouze? L'apparato è stato concepito in modo che il subacqueo possa, in caso di necessità, attingere a una riserva d’aria sufficiente per risalire tranquillamente in superficie. Per rispettare tale condizione, dell'aria viene compressa in un serbatoio. Ma l'aria per essere inspirata senza pericolo deve avere una pressione pari a quella esercitata sui polmoni dalla pressione circostante, principio dell’“equipressione”. Altrimenti, una sovrappressione anche leggera danneggerebbe o addirittura farebbe scoppiare i tessuti dei polmoni.
Vediamo come Benoît Rouquayrol ha risolto egregiamente questo problema. Il subacqueo indossa sulla schiena un serbatoio con la riserva di aria compressa (R1). Questo serbatoio, chiamato “vaschetta” per la sua forma, viene collegato tramite una manichetta ad una pompa azionata in superficie, come si usava per i palombari. Il punto chiave del dispositivo è il suo erogatore a domanda, basato su di una membrana flessibile solidale a una valvola (identificabile nei disegni con il colore rosso) che innescava un flusso d'aria provocato dall’inspirazione del subacqueo,
fig. 15 - Il gruppo erogatore in situazione di equipressione
Quando il sistema si trova In condizione di equilibrio, la pressione nel compartimento R2 è equivalente alla pressione ambiente e a quella polmonare. La membrana flessibile cosi rimane piatta e di conseguenza pure la valvola rossa che separa R1 da R2 rimane chiusa, bloccando il flusso d’aria compressa dal serbatoio R1.
fig. 16 - Il gruppo erogatore in fase di inspirazione
Quando il subacqueo inizia la sua inspirazione va a creare una depressione e inizia a svuotarsi il compartimento R2. A questo punto la pressione ambiente che preme sulla membrana flessibile la flette e va ad agire sulla valvola rossa, aprendola e facendo cosi fluire l'aria compressa dal serbatoio R1.
fig. 17 - Il gruppo erogatore in fase di espirazione
Al termine dell’ispirazione del subacqueo, il flusso d’aria proveniente da R1 defluirà verso R2 finché in R2 non verrà di nuovo raggiunta una pressione equivalente alla pressione ambiente; a questo punto la membrana flessibile ritornerà in posizione di equilibrio, facendo chiudere la solita valvola rossa che interromperà il flusso proveniente da R1.
La portata delle invenzioni di Benoît Rouquayrol e Auguste Denayrouze sono state di un impatto sul mondo subacqueo molto più ampio di quanto si possa oggi immaginare. Difatti non danno solo origine al primo vero dispositivo autonomo destinato alle immersioni, ma con il loro sistema detteranno i principi progettuali dei futuri erogatori subacquei.
fig. 18 - Sistema Rouquayrol - Denayrouze
fig. 19 - Acessori per il sistema Rouquayrol - Denayrouze
fig. 20 - Pompa per il sistema Rouquayrol - Denayrouze
Fig. 21 - Operatore che utilizza un sistema Rouquayrol – Denayrouze per ispezionare la carena di una nave
fig. 22 - Subacqueo che indossa un sistema Rouquayrol - Denayrouze
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