L'ELUSIVO MARES AIR KING

Maurizio Baldinucci

 

Ciò che stimola maggiormente l’interesse di un ricercatore che si occupa della storia dei materiali per l’immersione subacquea è proprio l’estrema carenza di informazioni e di dati relativi ad una particolare attrezzatura o ad uno specifico argomento in generale. Questo è appunto il caso dell’erogatore a doppio tubo Air King prodotto dalla Mares di Rapallo dal 1959 al 1963 (vedi Figura 1 e Figura 2).

 

fig. 1 fig. 2

 

E’ un modello ben noto ai collezionisti di attrezzature subacquee proprio per l’estrema rarità degli esemplari ancora esistenti (quelli noti nel mondo sono meno di dieci) e per l’assoluta mancanza di foto, schemi e dati tecnici in generale. Questo nonostante che sia stato un modello prodotto in Italia ed in particolare da un’azienda, la Mares, che sarebbe diventata tra i leader mondiali nella produzione di attrezzature subacquee per la subacquea ricreativa. Se l’Air King è rarissimo per i collezionisti nostrani, figuriamoci cosa deve essere per quelli stranieri la maggior parte dei quali non ne ha mai sentito parlare. Naturalmente uno dei motivi di questa estrema rarità, così come succede per altre attrezzature ugualmente rare, è il fenomeno dei cosiddetti collezionisti “occulti” molto diffusi in Italia e cioè dei numerosi appassionati e collezionisti privati che custodiscono gelosamente i loro pezzi senza farne trapelare l’esistenza se non agli amici più fidati. Purtroppo questo tipo di collezionismo, pur legittimo, è assolutamente arido dal punto di vista della diffusione delle conoscenze sulla storia delle attrezzature subacquee. E’ quindi probabile che esistano altri esemplari di Air King in alcune soffitte, scantinati o collezioni private in giro per il paese e, in tal caso, questi siano inevitabilmente destinati all’oblio seguendo la stessa sorte dei loro proprietari.
Il titolo dell’articolo (l’elusivo Mares Air King) è stato tratto proprio dal commento di un collezionista statunitense in merito ad alcune delle rarissime foto del modello “61”, foto comparse qualche anno fa sui social, e relative all’esemplare appartenente alla collezione di Nick Icorn, uno dei grandi personaggi della subacquea USA (vedi Figura 3 e Figura 4) scomparso nel 2013. Questa collezione di attrezzature subacquee ricreative e professionali è una delle più ricche e complete al mondo ed attualmente è ospitata presso il Flashback Scuba Museum di Tacoma nello stato di Washington.

 

fig. 3 fig. 4

 

La decisione di scrivere questo articolo è nata proprio quando, piuttosto casualmente, ho notato alcune foto di una delle versioni più rare e conosciute di questo modello, la “B. 60”, in uno dei tanti gruppi di appassionati della storia dell’immersione presenti sui social network. In anni di ricerche sulla rete e nei vecchi libri dedicati alla subacquea non avevo mai visto uno di questi esemplari ed allora mi sono detto che conveniva prendere al volo questa opportunità cercando di delineare la storia di questo erogatore. Ne approfitto per ringraziare il fortunato possessore di questo esemplare, il collezionista ligure Piero Quarone, che mi ha gentilmente fornito le foto di questo erogatore, foto utilizzate in questo articolo.
Come spesso succedeva in quegli anni per altre attrezzature che sarebbero diventate molto rare tra i collezionisti dei nostri giorni, il principale motivo della loro rarità era quello del basso, talvolta bassissimo, numero di pezzi prodotti, quasi sempre motivato dallo scarso successo di vendita del modello in questione. E questa situazione si verificò anche per il Mares Air King a doppio tubo che non riuscì mai a decollare in un mercato ormai dominato dal Mistral La Spirotechnique che era entrato in Italia nel 1956, attraverso l’accordo di licenza con la Salvas prima e con la Spiro-Sub successivamente (a partire dal 1959) e che sarebbe stato poi distribuito in entrambe le versioni Mistral e Royal Mistral dalla Technisub dopo il 1962.
Purtroppo l’Air King risultò sconfitto dal confronto con il Mistral sia sotto il profilo prestazionale, come vedremo nel proseguo dell’articolo, che dal punto di vista del prezzo di vendita, dipendendo questo drasticamente dalla complessità costruttiva dell’erogatore ma anche dagli stessi numeri di produzione.
La stessa sorte fu condivisa anche da altri modelli italiani che furono messi in produzione in quel periodo da altri costruttori per contendere quote di mercato al Mistral. Uno di questi fu senz’altro l’Aquasprint della Salvas (vedi Figura 5 e Figura 6).

 

fig. 5 fig. 6

 

Contrariamente a ciò che successe per l’Aquasprint, che comunque riuscì a raggiungere una quota di mercato dignitosa anche se non certo paragonabile a quella del Mistral, per l’Air King questo risultato non fu possibile soprattutto per l’estrema volatilità del progetto che subì numerose e anche drastiche modifiche durante i pochi anni durante i quali questo erogatore restò in produzione. Questi cambiamenti continui, unitamente ai prevedibili problemi di prestazione e di affidabilità che rendevano necessarie tali modifiche, finirono per scoraggiare i potenziali clienti di questo autorespiratore.
La prima apparizione ufficiale dell’Air King si trova in un volantino pubblicitario della Mares e datato 1959 (vedi Figura 7). Tuttavia, la prima denominazione ufficiale è quella di “Air King 60” che indica l’anno di inizio della fase di vendita vera e propria ed è proprio nell’anno 1960 che la Mares lanciò una campagna pubblicitaria mirata alla vendita di queste nuove attrezzature facendo riferimento a due importanti eventi legati alla subacquea che si svolsero proprio in quell’anno: il Campionato Mondiale di Pesca Subacquea di Lipari e Ustica (vedi Figura 8) e la Fiera Internazionale di Genova (vedi Figura 9 e Figura 10).

 

fig. 7 fig. 8
fig. 9 fig. 10


 

Durante questo periodo iniziale possiamo ipotizzare che sia stato necessario un primo intervento di modifica all’erogatore modello Air King 60 (vedi Figura 11) con la necessità di distinguere la nuova versione con il nome Mares Air King B. 60. Questa variante è chiaramente indicata con un adesivo riportante la lettera “B” posta al centro del semiguscio anteriore dell’erogatore (vedi Figura 12 e Figura 13).

 

fig. 1

fiog. 12 fig. 13

 

L’unico esemplare fisico conosciuto relativo alla primissima versione di questo erogatore che siamo riusciti a rintracciare è quello rappresentato nelle Figure 14, 15 e 16. Il pezzo appartiene a un vecchio sub, Massimo Bavarello di 88 anni, un amico di Ludovico Mares che spesso aiutava durante le prove in mare dei prototipi fabbricati dall’azienda di Rapallo.

 

fig. 14 fig. 15 fig. 16

 

L’esistenza di questo esemplare, anche se in condizioni abbastanza degradate, ci permette tuttavia di ipotizzare quali fossero le scelte tecniche iniziali che poi vennero abbandonate o modificate nella versione successiva dell’erogatore, la B.60. Innazi tutto colpisce il fatto che il semiguscio anteriore del corpo dell’erogatore era completamente sprovvisto di aperture per mettere in collegamento l’ambiente esterno con la membrana equilibratrice. Le uniche aperture esistenti si trovano nella parte posteriore del corpo e, mancando anche la valvola di scarico a fungo nella posizione centrale, valvola che poi diventerà standard su tutte le versioni successive, possiamo intuire che queste aperture venivano impiegate sia per equalizzare la pressione con l’esterno sia come via di scarico per l’aria espirata. Anche la connessione tra i tubi corrugati e il corpo dell’erogatore è molto diversa rispetto a quella delle versioni successive. In questo caso entrambi i tubi covergono verso un unico attacco con il corpo dell’erogatore facendo ipotizzare che il tipo di respirazione fosse di tipo “pendolare” con entrambi i tubi impiegati sia nella fase di inspirazione che in quella di espirazione. Probabilmente il boccaglio in questa prima versione (purtroppo mancante nell’esemplare fotografato) era sprovvisto di valvole unidirezionali tipo “Acquastop” potendo quindi ricevere e smaltire aria da entrambi i tubi ad esso collegati. Era sicuramente un monostadio (l’elemento cilindrico collegato al corpo dell’erogatore è in realtà un semplice blocchetto di derivazione impiegato per collegare i tubi rigidi proventienti dalle bombole) anche se le foto non consentono di vedere la parte interna dell’erogatore e pertanto i dettagli della valvola di erogazione.
Il fatto che nella documentazione commerciale del 1960 appaiano quasi esclusivamente gli erogatori B.60 e che non si conoscono altri esemplari ancora esistenti di questo primo modello, fanno ipotizzare che quest’ultimo sia stato costruito in versione semi-prototipale e in un numero molto basso di esemplari. Di questo primissimo modello non si è trovato traccia di tipo documentale (manuali, schemi o disegni). Pertanto le modifiche tecniche introdotte su tale erogatore, che motivarono il passaggio dalla prima versione 60 alla versione successiva B. 60, sono quelle desunte osservando le poche foto disponibili di quest’unico esemplare rimasto.
Per i modelli B. 60 e quelli successivi si sono potuti rintracciare schemi funzionali da cui si può capire molto chiaramente i diversi principi di funzionamento e anche i potenziali limiti prestazionali.
Il Mares Air King B. 60 è un erogatore a doppio tubo e a doppio stadio pneumatico il cui schema di funzionamento, per quanto riguarda il secondo stadio, è mostrato nella Figura 14.
La valvola di erogazione del secondo stadio, di tipo “downstream”, lavora con una pressione intermedia a monte di 6 bar, pressione regolata da un primo stadio non bilanciato a membrana montato nella parte posteriore del corpo principale dell’erogatore (vedi Figura 15) e costituito dai vari elementi mostrati nella foto di Figura 16.
Uno degli aspetti originali di questo progetto è quella della molla di contrasto della leva del secondo stadio, molla che lavora in trazione anziché in compressione come nella maggior parte dei meccanismi degli erogatori concorrenti. Questo sistema permetteva una semplice regolazione della precarica della molla mediante un piccolo pomellino zigrinato (vedi anche la Figura 17 e la Figura 18).
Anche lo scarico dell’aria fu ispirato alla soluzione alternativa usata da alcuni costruttori rispetto a quella degli autorespiratoricon brevetto Cousteau-Gagnan, tra i quali il Mistral.

 

fig. 17
fig. 18 fig. 19

 

Invece di impiegare la classica valvola a “becco d’anatra” montata tra la superficie superiore della membrana di equilibrio e la calotta esterna del corpo dell’erogatore, questo modello optò per una valvola di scarico a “fungo” montata nella parte interna della camera di equilibrio ed esattamente in corrispondenza dell’asse longitudinale dell’apparecchio (vedi Figura 14, Figura 19 e Figura 20). Questa soluzione, che è la stessa utilizzata anche nel modello “Aquasprint” della Salvas citato in precedenza, fu mantenuta anche nelle varianti successive anche se con vari miglioramenti, come vedremo nel seguito dell’articolo.

 

fig. 20 fig. 21
fig. 22 fig. 23


Per quanto riguarda il circuito di inspirazione e di espirazione questo si componeva dei classici due tubi corrugati, uno per l’aria inspirata e l’altro per l’aria espirata, collegati ad un boccaglio a “T” provvisto di valvole unidirezionali tipo “acqua-stop” in materiale metallico (purtroppo non più presenti nell’esemplare fotografato) e raffigurato nella Figura 21 e nella Figura 22.

 

fig. 24 fig. 25

 

Un’altra caratteristica unica di questo apparecchio era quella della posizione dei manicotti di collegamento dei tubi corrugati alla scatola di erogazione che erano posti parallelamente tra di loro e posizionati nella zona superiore del corpo dell’erogatore (vedi Figura 12 e Figura 13). La stessa posizione fu mantenuta anche nel modello successiva “61” e poi modificata nell’ultimo modello immesso sul mercato e precisamente il modello “S”. Anche la forma estetica dell’apparecchio restò sempre la stessa con la conservazione del semiguscio anteriore della scatola di erogazione, per il cui stampaggio fu impiegata sempre la stessa attrezzatura, e del sistema di collegamento all’altro semiguscio, con tre tiranti spaziati tra loro di 120° e relativi pomellini filettati e zigrinati. Questi elementi sarebbero rimasti praticamente invariati fino alla fine della produzione (vedi Figura 23 e Figura 24).

 

fig. 26 fig. 27

 

La Mares cercò di valorizzare questo nuovo autorespiratore aggiungendo altre funzionalità che non erano disponibili nei modelli della concorrenza. Uno di questi accessori, di cui purtroppo non abbiamo alcuna documentazione fotografica, era il sistema così descritto in una rara documentazione tecnica relativa a questo autorespiratore: ”….Una delle varianti di questo apparecchio rispetto agli altri della stessa classe è una bacchetta di acciaio munita di snodo che corre posteriormente lungo le bombole. Questa bacchetta serve a più usi; a terra per tenere l’apparecchio appoggiato in posizione quasi verticale; in acqua per infilarci speciali piombi di zavorra che sostituiscono vantaggiosamente la cintura di zavorra. Il sistema è assai pratico perché in caso di emergenza con un semplice scatto si libera la bacchetta e i piombi scivolano via…”
Di fronte al sempre maggiore successo del Mistral e considerati i probabili elementi sfavorevoli che questo modello della Mares offriva rispetto al primo (possiamo ipotizzare il problema del maggiore sforzo inspiratorio legato al mancato impiego dell’effetto Venturi ed il maggiore costo di produzione relativo alla scelta costruttiva del doppio stadio), l’anno successivo, il 1961, vide il lancio di un modello completamente rinnovato anche se esteticamente uguale al precedente: il modello Air King 61.
Questo modello era un monostadio che l’azienda di Rapallo presentava con queste parole: ….è un autorespiratore convenzionale ad un solo stadio molto simile nelle sue parti costruttive e nel suo funzionamento al famoso Mistral…..
Ed infatti lo schema di funzionamento illustrato nella Figura 25 conferma questa descrizione.

 

fig. 28

 

La valvola di erogazione diventa una “upstream” come nel Mistral e la leva di azionamento della stessa valvola è raddoppiata proprio per aumentare la forza di azionamento della leva senza penalizzare troppo lo sforzo di inspirazione sulla membrana di equilibrio. Come si può vedere dallo schema, resta invariato il principio del sistema di scarico dell’aria espirata; inoltre non c’è l’iniettore per l’innesco dell’effetto Venturi come invece impiegato nel Mistral.
I vari elementi di questo erogatore possono essere osservati nelle Figure 26, 27, 28 e 29 che si riferiscono ad uno dei pochissimi esemplari conosciuti ancora esistenti al mondo.

 

fig. 29 fig. 30
fig. 31 fig. 32

 

Sicuramente il nuovo modello avrebbe dovuto essere molto più economico di quello precedente, grazie al numero limitato di componenti rispetto alle versioni 60 e B. 60, ma riteniamo che le sue prestazioni non siano mai state all’altezza di quelle del Mistral. In particolare, il dubbio principale resta quello dell’effettiva efficienza dell’effetto Venturi che, secondo la Mares, avrebbe dovuto essere prodotto in questo modo: … In questo erogatore al posto del tubicino (l’iniettore del Mistral nda) vi sono due piccoli forellini calibrati, come negli erogatori a più stadi…” Inoltre resta il forte dubbio del probabile accumulo di anidride carbonica durante la respirazione, accumulo favorito dalla mancata separazione del circuito di inspirazione da quello di espirazione. Infatti, anche se il boccaglio era provvisto di valvole unidirezionali che facevano circolare l’aria nei due corrugati in maniera corretta, restava il fatto che i due tubi ricevevano l’aria e la scaricavano all’interno della stessa zona e che quindi l’anidride carbonica, presente in elevata concentrazione nell’aria espirata, avrebbe potuto essere parzialmente reimmessa nel flusso di aria inspirata.
Passa un altro anno e, nel 1962, assistiamo all’ennesimo stravolgimento del progetto di questo erogatore con la sostituzione del modello 61 con il nuovo modello denominato “S” (vedi Figura 30 e Figura 31).
Anche se l’estetica rimane pressoché uguale rispetto ai modelli precedenti, lo schema di funzionamento dell’erogatore viene completamente stravolto, come mostrato nello schema di Figura 32. Questo principio di funzionamento ed i principali elementi costruttivi interni di questo modello possono essere analizzati in dettaglio nei disegni schematici di Figura 33, Figura 34 e Figura 35. Gli aggiornamenti più importanti e le principali soluzioni adottate dai progettisti della Mares su questo nuovo modello sono di seguito elencati:

  • Sostituzione delle valvola “upstream” simile a quella impiegata sul Mistral con una valvola sempre “upstream” ma del tipo a spillo. Proprio per questo motivo questa variante fu chiamata “S” dalla s di “spillo”. Le possibili ragioni di questo cambio drastico sono due: evitare di infrangere il brevetto Cousteau-Gagnan del Mistral, risparmiandosi così una possibile azione legale da parte de La Spirotechnique, e/o standardizzare la valvola di erogazione sul modello scelto per la variante a singolo tubo che la Mares aveva messo sul mercato l’anno prima (il modello Air King Minor), variante che era dotata della stessa valvola a spillo. Il cambiamento di questa valvola costrinse la Mares a riposizionare completamente il corpo della valvola di erogazione lateralmente al corpo principale dell’erogatore e con il suo asse longitudinale parzialmente inclinato rispetto all’asse di simmetria della scatola di equilibrio.
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  • fig. 33 fig. 34
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  • Aggiunta di un convogliatore in gomma montato tra il manicotto di collegamento con il corrugato di espirazione e la valvola di scarico centrale (vedi Figura 36). Questa soluzione avrebbe risolto definitivamente il problema dell’accumulo di anidride carbonica nel circuito respiratorio.
  • Modifica della valvola di scarico centrale con il drastico aumento delle luci di passaggio e quindi la conseguente riduzione dello sforzo espiratorio (vedi Figura 37).
  • Aggiunta del pomellino di regolazione del gioco tra la membrana di equilibrio e la parte terminale della valvola a spillo (vedi Figura 31 e Figura 32). Con questo sistema si poteva rendere più immediato l’azionamento della valvola di erogazione riducendo al minimo la corsa a vuoto della membrana durante la fase iniziale dell’inspirazione. Un’etichetta con la lettera “S” in bianco su sfondo azzurro veniva applicato al centro di questo pomellino proprio per indicare il modello “S”.
  • Introduzione di un nuovo boccaglio di colore giallo e realizzato completamente in materiale plastico. Anche questo boccaglio era provvisto di valvole unidirezionali (vedi Figura 38).
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  • fig. 35 fig. 36 
     
    fig. 37 fog. 38
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  • Aggiunta a listino di tubi completamente lisci ma animati internamente al posto dei classici tubi corrugati (vedi Figura 39). L’impiego di questi nuovi tubi avrebbe dovuto ridurre drasticamente lo sforzo respiratorio del subacqueo.

  • Il cambio ed il riposizionamento della valvola di erogazione ebbe, come conseguenza anche il riposizionamento della connessione tra il corpo dell’erogatore e i tubi corrugati che, dalla posizione precedente con uscite affiancate in alto, ruotarono di 90° ed in direzione opposta tra di loro (vedi Figura 39).

    Questa soluzione avrebbe potuto essere quella definitiva ma l’impiego operativo di questo apparecchio mostrò uno dei limiti fondamentali della valvola a spillo. Infatti il materiale di tenuta in gomma di questa valvola aveva una durata ragionevole quando sottoposto alle basse pressioni tipiche dei secondi stadi degli erogatori a singolo tubo (10 bar al massimo) ma assolutamente insufficiente quando caricato con forze ben più elevate corrispondenti ai valori di pressione tipici dei primi stadi (150-200 bar).
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  • fig. 39 fig. 40 
     
    fig. 41 fig. 42

     

  • Fu quindi necessario sottoporre l’erogatore ad una ennesima modifica che entrò in produzione poco tempo prima che questo apparecchio uscisse definitivamente dal listino Mares, crediamo nel periodo compreso tra la fine del 1962 e tutto il 1963.
    Tornò quindi il primo stadio (praticamente lo stesso impiegato nell’Air King Minor) montato nella parte posteriore del corpo dell’erogatore (con nuovo aumento dei costi di produzione) e venne eliminato il sistema di regolazione del gioco tra la membrana e la valvola a spillo, ritenuto eccessivamente fragile e poco utile. La versione definitiva di questo modello, ancora denominata “S”, è rappresentata nelle Figura 40 e nella Figura 41.

Questo modello si vede ancora nel listino Mares del 1963 (vedi Figura 42) ma sparisce definitivamente già a partire dal listino del 1964 (vedi Figura 43).
In sintesi: un vero e proprio pasticcio, vissuto pericolosamente dalla Mares per circa quattro anni con tantissimi sforzi tecnici ed economici ma con pochissimi risultati dal punto di vista commerciale ed industriale. L’azienda ligure, che sarebbe diventata dopo qualche anno, anche grazie all’acquisto da parte dell’azienda americana AMF, una delle maggiori realtà industriali del settore, pagò lo scotto di essersi gettata a capofitto in questa avventura senza avere una solida esperienza tecnica nel settore specifico, una reale capacità e persino il tempo di sottoporre i suoi prodotti a rigidi protocolli di validazione sperimentale prima della loro commercializzazione.

 

fig. 43 fig. 44
fig. 45 fig. 46

 

Scontò anche la carenza di organizzazione e la mancanza delle disponibilità finanziarie della principale concorrenza che stava dominando il mercato in quegli anni (soprattutto La Spirotechnique).
Non andò molto meglio con i modelli successivi a singolo tubo e cioè con l’Air King Minor prima (vedi Figura 44) nel 1961 e con il Corallo successivamente a partire dal 1966 (vedi Figura 45). Anche questi modelli non furono mai realmente competitivi rispetto ai prodotti analoghi offerti nello stesso periodo (uno su tutti l’Aquilon messo sul mercato da La Spirotechnique nel 1963).
La definitiva consacrazione degli erogatori della Mares sarebbe arrivata molto tempo dopo, e precisamente durante gli anni ’70, con il modello MR-12.

 

fig. 47 fig. 48

 

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