CINEMA E AUTORESPIRATORI

Maurizio Baldinucci

 

Anche se “Cinema e Autorespiratori” potrebbe sembrare un abbinamento poco comprensibile, in realtà ognuno di questi due elementi ha tratto vantaggio dall’altro. Ed infatti il cinema ha ripetutamente impiegato l’autorespiratore nel corso di innumerevoli scene sottomarine di tanti documentari naturalistici e nell’ambito di film di avventura e di azione, coinvolgendo ed appassionando lo spettatore grazie al fascino e alla spettacolarità degli ambienti subacquei immortalati dalla cinepresa. Anche l’autorespiratore ha potuto trovare l’ampia diffusione che oggi ha raggiunto proprio grazie al cinema che, avendo coinvolto milioni di persone in tutto il mondo, ha di certo contribuito in modo significativo allo sviluppo della subacquea.
E proprio ripercorrendo la storia dell’autorespiratore autonomo dal momento della sua nascita fino alla fine degli anni ’70, verranno qui presentate alcune opere cinematografiche e televisive prodotte nello stesso periodo temporale, dove l’impiego di questo apparecchio è stato fondamentale per la realizzazione delle principali scene sottomarine.

L’esordio dell’autorespiratore autonomo ad aria (SCUBA) nelle riprese di film e documentari subacquei avvenne nel 1943 con l’opera "Épaves"(Relitti), il primo film-documentario di Jacques Y. Cousteau (Fig. 1) girato nelle acque di Bandol, vicino a Marsiglia insieme ai suoi colleghi di marina ed amici Frederic Dumas e Philippe Tailliez (Fig. 2 e Fig. 3).
La configurazione degli autorespiratori impiegati in quelle prime riprese subacquee era ancora quella prototipale sviluppata dall’Ing. Emile Gagnan, con il corpo della scatola di erogazione realizzato in resina (vedi Figg. 4, 5, 6 e 7). Soltanto nel 1946 la versione di serie dell’autorespiratore Cousteau-Gagnan, denominata CG-45, avrebbe avuto il corpo della scatola di equilibrio realizzato in lamierino di ottone stampato e cromato (Figg. 8 e 9).
Dopo quella esperienza europea, nel vecchio continente non ci furono altre produzioni cinematografiche significative con l’impiego di autorespiratori fino alla metà degli anni ’50. Mentre l’autorespiratore Cousteau-Gagnan stava faticosamente cercando di penetrare e diffondersi nel mercato europeo letteralmente distrutto da sei anni di guerra, negli Stati Uniti sarebbe stato proprio il cinema il veicolo principale di diffusione della conoscenza del nuovo sport subacqueo e delle relative attrezzature presso il grande pubblico. La prima produzione di rilievo in questo senso fu “The Frogmen” (Uomini Rana) del 1951, basato sulle imprese degli uomini “gamma” della marina degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale (Fig. 10). Gli autorespiratori impiegati nelle scene subacquee di quel film (Figg. 11 e 12) furono i primi Aqua-Lung costruiti negli USA dalla U.S. Divers su licenza de La Spirotechnique e praticamente identici al modello CG-45 (Fig. 13).
Ma la produzione cinematografica che sarebbe diventato un vero e proprio classico per gli appassionati di immersioni subacquee del Nord America fu “Creature from the Black Lagoon” (La Creatura della Laguna Nera), un film horror del 1954 diretto da Jack Arnold ed interpretato da Richard Carlson e da Julia Adams (Fig. 14).

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Anche in queste scene subacquee furono impiegati gli Aqua-Lung della U.S. Divers come mostrato nelle foto di Figg. 15 e 16. Visto il successo del film, seguirono altri due episodi: La vendetta del mostro del 1955 e Il terrore sul mondo del 1956.

 

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Vista la crescita esponenziale del mercato della subacquea negli USA in quegli anni ed avendo intuito le notevoli possibilità pubblicitarie e di marketing che il cinema e la televisione stavano offrendo nei confronti del grande pubblico, diversi costruttori o distributori di attrezzature stipularono contratti con le case di produzione cinematografiche per l’impiego in esclusiva dei loro prodotti durante le riprese di film o serie televisive.
In questo senso la serie televisiva più seguita ed amata negli USA fu senz’altro “Sea Hunt” trasmessa dal 1958 al 1961 in 155 episodi (Figg. 17 e 18). Il protagonista era Mike Nelson, interpretato dall’attore Lloyd Bridges, un ex sommozzatore della marina degli Stati Uniti coinvolto in innumerevoli avventure in fondo al mare. La Voit Rubber Corporation, che aveva cominciato a produrre i suoi autorespiratori su licenza della U.S. Divers a partire dal 1955, produsse una variante speciale per questi telefilm che era molto vistosa e riconoscibile per l’etichetta, i corrugati ed il boccaglio realizzati in un bel verde brillante.

 

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Questi modelli (Fig. 19 e Fig. 20) furono denominati VR-1 Mariner (singolo stadio) e VR-2 Mariner (doppio stadio). Questa serie fu così popolare che ancora oggi negli USA vengono organizzati dei raduni aperti ai fan di questo personaggio che si immergono con copie perfette o originali restaurati delle stesse attrezzature impiegate dal protagonista Mike Nelson (Figg. 21 e 22).

 

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Nonostante la crescente diffusione dell’autorespiratore ad aria Cousteau-Gagnan, il cinema italiano continuò ad impiegare quasi esclusivamente l’autorespiratore ad ossigeno (A.R.O.) nelle riprese di alcuni film girati tra la fine degli anni ’40 e la metà degli anni ’50. Uno dei pionieri di questa gloriosa stagione del cinema italiano fu senz’altro il principe Francesco Alliata di Villafranca, nobile siciliano che, insieme a Quintino di NapoliRenzo Avanzo e Pietro Moncada di Paternò (Fig. 23), suoi amici e parenti nonché appartenenti alla nobiltà decaduta del Regno delle Due Sicilie, fondò la Panaria Film. Nelle riprese subacquee del film “Vulcano”, prodotto dalla Panaria e girato tra Messina e l’isola di Vulcano nell’estate del 1949, lo stesso principe Alliata si occupò personalmente di girare tutte le scene sottomarine impiegando uno strano autorespiratore costruito su specifica dalla Salvas (Figg. 24 e 25) e che di fatto era molto simile ad un A.R.O. ma aveva la possibilità di essere alimentato dalla superficie attraverso bombole di aria compressa. Questa soluzione sembrò la migliore tenendo conto della difficoltà di reperimento dell’ossigeno nelle allora remote e primitive isole Eolie. Il film (Figg. 26, 27 e 28), uscito nel 1950 ed interpretato da Anna MagnaniRossano Brazzi e Geraldine Brooks con la regia di William Dieterle, non riscosse inizialmente il successo che la Panaria si attendeva e fu praticamente riscoperto e valorizzato molti anni dopo.

 

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L’A.R.O. fu il protagonista assoluto di vari film, prodotti in Italia in quel periodo e diretti da registi italiani, che si ispiravano alle celebri imprese portate a termine dagli incursori della marina militare italiana durante la prima fase della seconda guerra mondiale, prima dell’armistizio dell’8 Settembre 1943. Ne “I sette dell’Orsa Maggiore”, film con Eleonora Rossi Drago e Pierre Cressoy, prodotto nel 1953 e diretto da Duilio Coletti (Fig. 29), si ripercorrono le fasi salienti degli attacchi al porto inglese di Gibilterra condotti con i celebri “maiali”, i siluri pilotati a lenta corsa (Fig. 30) che operavano dalla petroliera “Olterra”. Questa nave (Fig. 31), ormeggiata ed internata nel porto spagnolo di Algeciras all’inizio della guerra, fu trasformata in segreto in base operativa per i nostri incursori all’insaputa degli inglesi che scoprirono il trucco soltanto dopo l’armistizio.

 

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L’A.R.O. impiegato nelle riprese di questo film era prodotto dalla Salvas (Fig. 32 e Fig. 33) e, a parte la forma particolare del vetro della maschera granfacciale, era praticamente identico ai modelli prodotti prima dalla I.A.C. (Industria Articoli in Caucciù) e successivamente dalla Pirelli durante il conflitto. E’ curioso notare che alcuni dei protagonisti diretti di queste imprese militari furono impiegati come attori nel film (Luigi FerraroGirolamo ManiscoGiovanni TadiniGiorgio Spaccarelli). Ed infatti l’assoluta padronanza dei mezzi e delle attrezzature che si nota nelle scene subacquee non poteva essere ottenuta altrimenti se non affidandone l’impiego ai diretti protagonisti di quelle imprese.
Lo stesso modello di A.R.O. Salvas, anche se nella versione a bombola singola (Figg. 34 e 35), fu impiegato nelle riprese del film “Africa Sotto i Mari” del 1953 (Fig. 36) con la splendida ed allora diciannovenne Sophia Loren, affiancata da Steve Barclay e diretta da Giovanni Roccardi. Tra gli attori non protagonisti del film figura anche Masino Manunza (Fig. 37) uno dei più grandi cineoperatori subacquei di quegli anni, reduce dalla famosa spedizione italiana in Mar Rosso che si era appena conclusa e che avrebbe poi portato Folco Quilici (Fig. 38) alla celebrità con il film documentario “Sesto Continente” (Fig. 39). Non sembra quindi casuale che anche la trama del film sia in qualche modo ispirata a questa impresa (spedizione scientifica nel Mar Rosso) e che i luoghi di azione e le riprese subacquee siano state gli stessi di Sesto Continente (l’arcipelago Eritreo delle Isole Dahlak).

 

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Anche se Quilici restò fedele all’impiego dell’A.R.O. durante le riprese di Sesto Continente (si veda la celebre foto in Fig. 40 che raffigura Quilici e Bucher durante la fase di preparazione della spedizione all’isola di Ponza nell’estate del 1952), l’autorespiratore ad aria fece la sua apparizione durante le riprese di questo film-documentario, sia nelle varie versioni sperimentali prodotte dalla Salvas, che aveva fornito gratuitamente tutte le attrezzature subacquee necessarie alla spedizione (vedi Figg. 41 e 42), sia come modelli derivati dall’autorespiratore Coustea-Gagnan. E proprio grazie all’esperienza maturata durante questa impresa la Salvas mise in produzione a partire dal 1954 il modello “Acquasub” che era praticamente identico al CG-45 ad eccezione dei corrugati (più lunghi) e del boccaglio, dotato di commutatore superficie-immersione e di tubo snorkel (Figg. 43).
Stranamente proprio l’inventore dell’autorespiratore ad aria moderno Jacques Y. Cousteau, dopo l’esordio del 1943 con " Épaves", sembrava non interessato a ripetere questa prima esperienza. Ma il grande oceanografo francese, che nel frattempo aveva attrezzato un vecchio dragamine a nave di ricerca, che poi sarebbe diventata la mitica Calypso, stava preparando un ritorno in grande stile sulla scena cinematografica e documentaristica. Impiegando il materiale raccolto in circa 10 anni di esplorazioni sottomarine, dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni ’50, produsse nel 1956 il film-documentario “Il Mondo del Silenzio” (Figg. 44 e 45) che ebbe un clamoroso successo aggiudicandosi nello stesso anno la Palma d’Oro al Festival di Cannes e il premio Oscar l’anno successivo come miglior documentario.

 

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E proprio perché molte scene del film si riferiscono a campagne di ricerca condotte da Cousteau nella seconda metà degli anni ’40, nella maggior parte delle riprese sottomarine di questo lungometraggio si notano ancora gli autorespiratori originali CG-45 montati su tribombola anche se in qualche scena sembrerebbero impiegati gli stessi CG-45 ma nella versione Aqua Lung distribuita negli USA (Figg. 46, 47, 48 e 49).
Da questo momento in poi l’autorespiratore ad aria diventa l’assoluto protagonista delle riprese sottomarine e il glorioso A.R.O. esce di scena definitivamente soppiantato dall’unità SCUBA che stava raggiungendo una sempre maggiore popolarità tra gli sportivi. L’autorespiratore ad ossigeno sarà ancora impiegato ma esclusivamente nelle scene di alcuni film dedicati alle imprese degli uomini rana durante la seconda guerra mondiale. Tra questi ricordiamo “Mizar - Sabotaggio in Mare” del 1954 diretto da Francesco De Robertis, che si ispirava alle eroiche gesta di Luigi Ferraro a Mersina e Alessandretta, “L’Affondamento della Valiant” del 1962 diretto da Roy Ward Baker, che ripercorreva le gloriose imprese degli equipaggi italiani dei siluri a lenta corsa i quali, nella notte tra il 19 e il 20 Dicembre 1941 misero fuori combattimento le corazzate inglesi Valiant Queen Elizabeth ormeggiate nel porto di Alessandria d’Egitto.

 

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L’autorespiratore ad aria, nella versione iniziale a doppio tubo, comparirà stabilmente in tutte le riprese di film e documentari degli anni ’50 prevalentemente nelle produzioni cinematografiche americane.

 

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In Europa la vita operativa di questo apparecchio, nella sua versione più popolare e diffusa “Mistral” prima e “Royal Mistral” successivamente, si prolungherà fino alla metà degli anni ’70 come vedremo anche nelle pagine seguenti.
Dopo l’esordio subacqueo con l’A.R.O. in “Africa Sotto i Mari” del 1953, la nostra splendida Sophia Loren fa il bis nel 1957, stavolta con l’Aqua Lung, nel film “Boy on a Dolpin” (Il Ragazzo sul Delfino) (Figg. 50 e 51) prodotto dalla 20th Century Fox e diretto da Jean Negulesco.

 

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Nel film Fedra (Sophia Loren) una giovane pescatrice di spugne greca, durante un’immersione di lavoro trova una statua raffigurante un giovanetto a cavallo di un delfino e da quel momento, nonostante l’interesse ad acquistare il reperto da parte del magnate Victor Parmalee (Clifton Webb), intreccia una fitta relazione con il Dott. Jim Calder (Alan Ladd), un archeologo americano interessato a recuperare la statua per un museo e il quale, alla fine, si innamora di lei e la sposa (Figg. 52 e 53).

 

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Dobbiamo attendere i primi anni ’60 per vedere l’impiego dei primi autorespiratori ad aria a singolo tubo nelle riprese di film e documentari.
Una delle produzioni televisive più famose che ha attirato migliaia di giovani verso la subacquea un po’ in tutto il mondo è stata sicuramente “Flipper” creata da Jack Cowden e Ricou Browdning e trasmessa negli USA in 88 episodi dal 1964 al 1967. Questi telefilm erano ispirati al film “Flipper – Il Mio Amico Delfino” del 1963 diretto da James B. Clark (Figg. 54, 55 e 56).

 

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Questa serie, ambientata nelle calde acque della Florida, proponeva immagini subacquee interpretate da adolescenti (Figg. 57 e 58) suggerendo così l’idea che la subacquea poteva essere alla portata di tutti.

 

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Tra i modelli di erogatore impiegati nelle riprese subacquee di Flipper, spicca senz’altro il Calypso della U.S. Divers. Questo apparecchio, lanciato sul mercato americano a partire dal 1961, fu uno dei primi modelli di erogatore a doppio stadio e frusta singola che aveva prestazioni realmente competitive rispetto ai modelli a doppio tubo, apparecchi che dominavano ancora il mercato in quegli anni. Il primo stadio era di tipo bilanciato a membrana ed il secondo stadio funzionava con valvola downstream ad azionamento diretto. Da questa configurazione vennero poi sviluppati i modelli successivi con prestazioni via via superiori (Figg. 59 e 60).

 

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Un famoso personaggio cinematografico che utilizzò ampiamente scene subacquee con contenuti spesso altamente drammatici e spettacolari fu James Bond, il famoso “agente 007” di Sua Maestà Britannica, creato da Ian Fleming. Tra gli episodi con maggiore impiego di riprese sottomarine c’è il film “Agente 007 – Thunderball – Operazione Tuono” (Figg. 61 e 62), una produzione del 1965 diretta da Terence Young con Sean ConneryClaudine Auger e Adolfo Celi.
Anche per questa produzione la Voit Rubber Corporation, così come aveva già fatto alla fine degli anni ’50 con la serie televisiva “Sea Hunt”, riesce ad inserire un suo nuovo modello di erogatore come attrezzatura principale impiegata nel film. Si tratta del Dolphin, un erogatore a tubo singolo con primo stadio a membrana e secondo stadio con valvola “downstream” ad azionamento diretto (Figg. 63 e 64).
La tipica forma quadrata di questo erogatore, a dir poco bruttino secondo i canoni estetici dei subacquei moderni, e la sua etichetta con doppia colorazione rosso-blu, risulta molto visibile durante le riprese subacquee del film (Figg. 65, 66 e 67). Nonostante la pubblicità fatta a questo prodotto, non risulta che il ritorno commerciale sia stato adeguato all’investimento effettuato ed infatti questo modello restò in produzione soltanto per pochi anni.
Nello stesso anno, il 1968, il grande ed indimenticato Bruno Vailati, già organizzatore e coordinatore della spedizione nazionale italiana in Mar Rosso del 1953 nonché famoso documentarista televisivo, si accingeva a portare a termine un’altra storica impresa.

 

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Si trattava di immergersi ripetutamente e filmare le immersioni sul relitto dell’Andrea Doria, motonave da trasporto passeggeri e orgoglio della cantieristica italiana, affondata al largo di Nantucket (Massachusetts) il 26 Luglio 1956, dopo essere stata speronata dal mercantile svedese Stockholm (Figg. 68 e 69).

 

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La difficoltà dell’impresa era data dalle condizioni ambientali del tutto proibitive del fondale dove giace il relitto con profondità media intorno ai 70 metri, fortissime correnti, temperature dell’acqua comprese tra 4 e 6 gradi centigradi e scarsissima visibilità. Oltre a tali fattori ambientali, occorreva poi preoccuparsi degli squali, prevalentemente verdesche e squali mako, che frequentavano in gran numero quei fondali ed erano anche molto aggressivi. Il tutto con l’equipaggiamento subacqueo di tipo sportivo disponibile a quei tempi (autorespiratore ad aria, mute umide, decompressimetro pneumatico). Il team di subacquei che realizzarono l’impresa, costituita da 21 immersioni sul relitto condotte durante il mese di Luglio del 1968 comprendeva, oltre che lo stesso Vailati, anche Stefano Carletti e Al Giddings (Figg. 70, 71, 72 e 73).

 

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Le riprese registrate durante la spedizione furono impiegate da Vailati per la produzione del documentario “Andrea Doria – 74” (Fig. 74) che fu e rimase un vero e proprio cult per i sub di casa nostra che restano ancora impressionati dalle grandi capacità mostrate in quelle condizioni estreme e con l’attrezzatura di allora, lontana anni luce da quella moderna in termini di prestazioni e comfort. Anche Stefano Carletti volle documentare la sua esperienza durante la spedizione scrivendo il libro omonimo “Andrea Doria -74” (Fig. 75), libro purtroppo abbastanza raro da reperire ai nostri giorni.

 

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Il cavallo di battaglia del team dell’Andrea Doria fu il “Royal Mistral”, celebre erogatore monostadio prodotto da La Spirotechnique a partire dal 1963 e fino al termine degli anni ’70 (Figg. 76 e 77).

 

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Questa è stata forse l’ultima volta che un erogatore a doppio tubo è stato impiegato nell’ambito di riprese di film e documentari. Ed infatti nelle produzioni cinematografiche successive l’erogatore a doppio stadio e a tubo singolo diventa il protagonista assoluto, come nel celeberrimo “Jaws” (Lo Squalo nella versione italiana) del 1975, diretto da Steven Spielberg (Figg. 78 e 79).

 

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Nelle poche scene subacquee nella parte finale del film, dove il trio Martin Brody (Roy Scheider), Quint (Robert Shaw) e Matt Hooper (Richard Dreyfuss) combatte la battaglia decisiva con il gigantesco squalo bianco, il biologo marino Matt Hooper, entrando nella gabbia anti-squalo armato di arpione con puntale alla stricnina, utilizza un autorespiratore della U. S. Divers costituito da un monobombola in alluminio e dall’erogatore modello Calypso IV (Figg. 80, 81, 82 e 83).
Chiudiamo la rassegna dei film contenenti scene d’azione sottomarine con “The Deep” (Abissi nella versione italiana) del 1977 diretto da Peter Yates ed interpretato da Nick Nolte, Robert Shaw e Jacqueline Bisset (Figg. 84 e 85).
Oltre allo strano e raro erogatore modello M300 Micro impiegato dalla splendida Jacqueline Bisset e prodotto dalla francese Piel (Figg. 86 e 87), il modello in massima evidenza nel film, anche perché impiegato dal protagonista maschile Nick Nolte, è l’italianissimo Spinnaker A prodotto dalla GSD di Avegno (GE) (Figg. 88 e 89).

 

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E qui termina la nostra carrellata delle accoppiate film/documentari e dei relativi autorespiratori ivi impiegati. Siamo ormai alla fine degli anni ’70 e la subacquea sta ormai entrando nella sua fase matura, con attrezzature e soluzioni tecniche consolidate e praticanti consapevoli e addestrati attraverso didattiche solide e organizzate. Anche negli anni successivi e fino ai nostri giorni, le riprese sottomarine continueranno ad essere fondamentali nella produzione di tanti film d’azione e documentari naturalistici ma il fascino e l’emozione di quella prima fase pionieristica del cinema, con i suoi grandi protagonisti e le sue attrezzature a volte geniali e spesso rudimentali, sono ormai irripetibili.

 

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